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State contenti, umana gente, al quia;
Chè se potuto aveste veder tutto,
Mestier non era partorir Maria.
E disiar vedeste senza frutto

Tai, che sarebbe lor disio quetato, Ch' eternamente è dato lor lutto: l' dico d' Aristotele, e di Plato,

per

E di molti altri: e qui chinò la fronte,
E più non disse, e rimase turbato.
Noi divenimmo in tanto appiè del monte:
Quivi trovammo la roccia sì erta,

Che 'ndarno vi sarien le gambe pronte.
Tra Lerici e Turbìa, la più diserta,
La più romita via è una scala,
Verso di quella, agevole ed aperta.
Or chi sa da qual man la costa cala,
Disse 'l Maestro mio, fermando 'l passo,

la maniera di operare, che tiene
Iddio, il quale per essere una Su-
stanzia in tre Persone già per sè
medesimo è tale che ragione uma-
na non lo comprende.

37. State contenti, al quia, state contenti a quelle dimostrazioni che si deducono dagli effetti.

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dio illuminati; e sarebbe ora in Paradiso appagato loro quel desiderio di veder Dio, che rimane in essi colaggiù nel Limbo, senza speranza di mai appagarlo.

46. Divenimmo vale arrivammo. 49-51. Tra Lerici e Turbia ec. Due luoghi posti ai capi della Riviera di Genova, piena di monti scoscesi. Lerici da levante, vicino a Sarzana; e Turbia da ponente, vicino a Monaco La più romita via; altri legge la più rotta ruina; altri la più minuta via Verso di quella, al paragone di quella. 52. Cala, cioè, è più agevole a salirsi, meno ripida ec,

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Sì che possa salir chi va senz' ala? E mentre ch' el tenea 'l viso basso, Esaminando del cammin la mente, Ed io mirava suso intorno al sasso, Da man sinistra m' apparì una gente D'anime, che movièno i piè ver noi, E non pareva, sì venivan lente. Leva, diss' io al Maestro, gli occhi tuoi: Ecco di qua chi ne darà consiglio, Se tu da te medesmo aver nol puoi. Guardommi allora, e con libero piglio Rispose: andiamo in là, ch' ei vengon piano; E tu ferma la speme, dolce figlio.

Ancora era quel popol di lontano,

I' dico dopo i nostri mille passi,

Quant' un buon gittator trarria con mano, Quando si strinser tutti ai duri massi

Dell' alta ripa, e stetter fermi e stretti; Com' a guardar, chi va dubbiando, stassi. O ben finiti, o già spiriti eletti,

54. Chi va senz' ala. Accenna di nuovo la costa tanto scoscesa, che non possa salirsi se non volando.

56. Esaminando ec. Cioè occupando la mente nel pensare al cammino che a fare avevano. 58-59. Una gente D'anime: una moltitudine di anime.

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perocchè vengon essi lentamente
e volendoli aspettar qui, troppo
tempo perderemmo.

66. Ferma la speme, conferma la
speranza, deponi ogni dubbio.
67. Quel popol; quella comitiva.
68. Dopo i nostri mille passi ;
dopo che noi avevam fatti già mille

64. Con libero piglio, con libero passi. volto, in aria franca.

65. Andiamo in là, verso quegli spiriti ch' ei vengon piano; im

73. O ben finiti, o ben morti, o morti in grazia d'Iddio o già eletti, o già assicurati del Paradiso.

Virgilio incominciò, per quella pace, Ch'io credo che per voi tutti s'aspetti, Ditene dove la montagna giace,

Sì che possibil sia l'andare in suso;

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Chè 'l perder tempo a chi più sa, più spiace.,s Come le pecorelle escon del chiuso

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Ad una, a due, a tre, e l'altre stanno Timidette, atterrando l'occhio e 'l muso; E ciò che fa la prima, l' altre fanno, Addossandosi a lei, s'ella s'arresta, Semplici e quete, e lo 'mperchè non sanno; 84 Sì vid' io muover, a venir, la testa Di quella mandria fortunata allotta, Pudica in faccia, e nell' andare onesta. Come color dinanzi vider rotta

La luce in terra dal mio destro canto, Sì che l'ombr' era da me alla grotta, Ristaro, e trasser sè indietro alquanto;

E tutti gli altri che venieno appresso,
Non sappiendo 'l perchè, fero altrettanto/
Senza vostra dimanda io vi confesso,

Che quest' è corpo uman che voi vedete,
Perchè 'I lume del Sole in terra è fesso:

75. Per voi equivale a da voi. 79. Chiuso, usato qual sostantivo significa luogo chiuso: qui è l' ovile.

88. Color dinanzi, intendi, coloro ch'erano dinanzi; per cui dirà dopo: E tutti gli altri che ve• nieno appresso.

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Non vi maravigliate; ma credete
Che non senza virtù, che dal Ciel vegua,
Cerca di soperchiar questa parete.
Così 'l Maestro; e quella gente degna:

Tornate, disse, intrate innanzi dunque,
Coi dossi delle man facendo insegna.
Ed un di loro incominciò: chiunque
Tu se', così andando volgi 'l viso,
Pon mente, se di là mi vedesti unque.
Io mi volsi ver lui, e guardail fiso:

Biondo era, e bello, e di gentile aspetto;
Ma l' un de' cigli un colpo avea diviso.
Quando mi fui umilmente disdetto

D'averlo visto mai, el disse: or vedi;
E mostrommi una piaga a sommo'l petto.
Poi sorridendo disse: io son Manfredi

Nipote di Gostanza Imperadrice;
Ond' io ti prego che, quando tu riedi,
Vadi a mia bella figlia, genitrice

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d'una cosa già detta e correggersi. 113. Gostanza. Costei fu figliuola

99. Questa parete, questa costa o ripa. 102. Facendo insegna, facendo di Ruggieri, Re di Cicilia, e donna segno, indicando. di Arrigo VI Imperatore, padre di Federigo II, padre naturale di questo Manfredi.

105. Pon mente, se ec. Guardami se ti pare di avermi unque (mai) veduto nel mondo. Costui è Manfredi re di Puglia, il quale fu ucciso verso l'anno 1265 in cui nacque Dante che perciò non potè averlo conosciuto.

109. Quando mi fui ec. Qui disdire, vale dir di no, non ridirsi

115–116. A mia bella figlia ec., la qual similmente ebbe nome Gostanza, e fu genitrice, cioè madre dell'onor di Cicilia e d'Aragona, perchè fu donna di don Pietro Re d'Aragona, e di lui generò Federigo che fu re di Cicilia, e don Ja

Dell' onor di Cicilia e d'Aragona, E dichi a lei il ver, s'altro si dice. Poscia ch'i' ebbi rotta la persona

Di due punte mortali, io mi rendei
Piangendo a quei che volentier perdona.
Orribil furon li peccati miei;

Ma la bontà infinita ha sì gran braccia,
Che prende ciò che si rivolve a lei.
Se 'l Pastor di Cosenza, ch' alla caccia

Di me fu messo per Clemente, allora
Avesse in Dio ben letta questa faccia,
L'ossa del corpo mio sarieno ancora

In co' del ponte, presso a Benevento,
Sotto la guardia della grave mora.

copo che dopo il padre fu Re di
Aragona; i quali furono onore di
quei Reami.

117. Il ver, cioè, ch' io sono nel Purgatorio; s'altro si dice, se mai si dicesse ch' io sia dannato per la scomunica alla quale soggiacqui. 118. Rotta la persona vale lo stesso che ferito il corpo.

119. Punte per punture o puntate

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mi rendei, mi convertii. 120. A quei ec., a Dio.

121. Orribil furon ec. Aveva costui menata vita epicurea, e per regnare aveva data morte al proprio padre Federigo II ed al fratello Corradino, ed era stato nemico e persecutore di Santa Chiesa. 124-129. Se'l Pastor di Cosenza ec. A dilucidazione di questi due terzetti gioverà il seguente

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picciolo squarcio dell' Istoria di Giò.Villani. Perchè il morto Manfredi era scomunicato, non volle il Re Carlo che fosse recato in luogo sacro, ma a piè del ponte di Benivento fi soppellito; e sopra la sua fossa per ciascuno dell' oste gittato una pietra, onde si fece una grande mora di sassi. Ma per alcun si disse, che poi per Mandato del Papa (Clemente IV) il Vescovo di Cosenza il trasse di quella sepoltura, e mandollo fuori del regno, perchè era terra della Chiesa: e fu soppellito lungo il fiume del Verde, a' confini del regno e di Campagna. Il Pastore adunque di Cosenza, mandato da Clemente alla caccia di Manfredi, sarà il detto Vescovo. In Dio, cioè nella Divina Scrittura, questa faccia,

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