Ov'è 'l buon Licio, ed Arrigo Manardi, Quando 'n Faenza un Bernardin di Fosco, 97. Licio,ed Arrigo Manardi, Messer Licio da Valbona uomo eccellente e pien di virtù. Arrigo Manardi, secondo alcuni, fu da Faenza; altri dicono da Brettinoro: uomo prudente, e molto magnanimo e liberale. Morto Guido del Duca (quello stesso che par1a), Arrigo Manardi fece tagliare a pezzi la banca sulla quale usava sedere con essolui, acciò che altri non vi sedesse, dicendo che più non potea trovare uno di uguale probità. 98. Pier Traversaro fu signore di Ravenna, molto splendido, il qual dicono che maritò una sua figliuola a Stefano Re d'Ungheria Guido di Carpigna, fu da Montefeltro, nobilissimo uomo, e sopra tutti gli altri del suo tempo liberalissimo. 104. Guido da Prata, luogo tra 99 102 105 108 Ravenna e Faenza, signor liberale e valoroso. 103-105. O Toscano, non ti maravigliare s'io piango quando mi ricordo che Ugolino d'Azzo da Faenza con Guido da Prata di Furli vivette con noi. Ugolino d'Azzo fu di Faenza, è Guido da Prata fu d'un castello detto Prata, del contado in tra Faenza e Furli; li quali di basso loco nati, si trassero a tanta onorevolezza di vivere, che abbandonati i luoghi di loro natività, conversarono continuo con li predetti nobili. 106. Federigo Tignoso, di Rimini, o secondo altri di Montefeltro. 107-108. La casa ec. Gli Anastagi e i Traversari, nobilissime famiglie di Ravenna, l'una e l'altra delle quali dice esser direda Le donne e i cavalier, gli affanni e gli agi, E mal fa Castrocaro, e peggio Conio. ta, cioè rimasa priva del valore e liberalità, e d'altre virtù degli antichi suoi. 109. Le donne ec. Piango ancora, dice, quando rimembro e tornanmi a memoria le graziose donne, i cortesi cavalieri, gli affanni e le fatiche nostre, e gli agi e comodi d' altri. 112-114. O Breitinoro, ec. Parla Guido alla propria patria, ch'era Brettinoro, picciola città di Romagna, ed accenna partita da quel luogo la propria con altre famiglie per non potere adattarsi ai pessimi costumi del paese. 115-117. Ben fa Bagnacaval ec. Figliare e rifigliare adopera qui Dante per provvedere e riprovvedere di figliuolanza; e parlando in modo come se i paesi stessi provvedessero di figliuolanza i proprii padroni, incomincia a lodar Bagnacavallo per aver lasciato ter 114 117 120 minare la linea de' suoi cattivi Conti. 118-120. Ben faranno ec. Cangia, al solito, in vigor del tempo in cui finge fatto il suo viaggio, la storia in profezia; ed essendo già, mentre queste cose Dante scriveva, morto Mainardo o, come altri l'appellano, Machinardo Pagani, Signore d'Imola e di Faenza, uomo cattivo e per la grande astuzia soprannominato il Diavolo, e signoreggiando i figliuoli meglio del padre, quantunque non del tutto anch'essi irreprensibilmente, fa da Guido del Duca predire che i Pagani, i figli di Mainardo, quando il Demonio loro, il loro padre, sen girà, se ne morrà, ben faranno, bene si diporteranno; ma non però talmente, che rimanga di essi testimonio puro, memoria interamente buona. O Ugolin de' Fantoli, sicuro È il nome tuo, da che più non s'aspetta Ci sentivano andar; però tacendo Folgore parve, quando l'aere fende, E fuggìo come tuon che si dilegua, : 123 126 129 132 135 138 121–123. O Ugolin de' Fantoli. ci confidare di non errar la via Costui fu medesimamente di Faen- da che udivane andare e non ci za, uomo nobile e virtuoso; e dicevano voi errate. perchè di lui non s'aspettava successione, dice che il nome e la sua buona fama è sicura, da poi che non s'aspetta chi, tralignando, la possa oscurare. 126. Sì m' ha nostra region, cioè la brutta decadenza di Romagna, patria di Guido che parla, e di Rinieri di lui vicino e compagno. 128-129. Tacendo ec. Facendo - 133. Anci derammi ec. Parole di Caino dopo l'uccisione di Abele. 139. Io sono Aglauro. Altra voce di rimprovero agl' invidiosi Aglauro, figlio d' Eritteo Re di Atene, portando estrema invidia alla sorella Erse, amata da Mercurio, e opponendosi con ogni sua possa a' piaceri di quel Nume, fu da lui convertito in sasso. Ed allor, per istringermi al Poeta, Indietro feci e non innanzi 'l passo. Già era l'aura d'ogni parte queta ; 141 Ed el mi disse: quel fu il duro camo Che dovria l'uom tener dentro a sua meta. 144 Ma voi prendete l'esca, sì che l'amo Dell' antico Avversario a sè vi tira; E però poco val freno o richiamo. Chiamavi'l Cielo, e 'ntorno vi si gira, Mostrandovi le sue bellezze eterne, E l'occhio vostro pure a terra mira; Onde vi batte Chi tutto discerne. 143-144. Quel fu il duro camo ec. il duro freno; dal greco χάμος. 145-146. Ma voi prendete ec.: ma voi vi lasciate adescare dall'antico Avversario, dal Demo 147 150 FINE DEL CANTO DECIMOQUARTO CANTO XV ARGOMENTO Per salir suso al terzo balzo invito Quanto, uanto, tra l' ultimar dell' ora terza Essere al Sol del suo corso rimaso; scherza, 3 6 1-2. Questo ec.: quanto è il tratto della celeste sfera tra il punto dove il Sole compie l'ora terza, e quello dove il Sole nasce. Inteso che il Sole corra gradi 15 in ogni ora, intendesi conseguentemente che doveva cotale -- tratto essere di gradi 45 – Par sta 6. Vespero là, cioè al Purgato- |