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Così duo spirti l'un all' altro chini
Ragionavan di me ivi a man dritta ;
Poi fer li visi, per dirmi, supini;
E disse l'uno: o anima, che, fitta
Nel corpo ancora, inver lo Ciel ten vai,
Per carità ne consola, e ne ditta
Onde vieni, e chi se'; chè tu ne fai

Tanto maravigliar della tua grazia,
Quanto vuol cosa che non fa più mai.
Ed io per mezza Toscana si spazia
Un fiumicel che nasce in Falterona,
E cento miglia di corso nol sazia:
Di sovr' esso rech' io questa persona.

Dirvi ch'io sia saria parlare indarno;
Chè 'l nome mio ancor molto non suona.
Se ben lo 'ntendimento tuo accarno
Con lo 'ntelletto, allora mi rispose
Quei che prima dicea, tu parli d' Arno.
E l'altro disse lui: perchè nascose

Questi 'l vocabol di quella riviera,
Pur com' uom fa dell' orribili cose?
E l'ombra, che di ciò dimandata era,

7. L'un all' altro chini: atteggiamento massimamente de' ciechi, quando tra di loro consul

tano.

9. Fer li visi supini, levarono in alto la faccia per dirmi, cioè, per parlarmi.

10. L'uno, cioè M. Guido. 12. Ne ditta, ne di'.

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14. Della tua grazia, del favore dal Cielo a te concesso.

17. Un fiumicello, l' Arno. 22. Accarno. Accarnare propria. mente significa penetrare addentro nella carne; ma qui semplicemente penetrare addentro.

24. Quei che prima dicea, cioè M. Rinieri.

Si sdebitò così: non so; ma degno Ben è che 'l nome di tal valle pera ; Chè dal principio suo, dov'è sì

pregno

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L'alpestro monte ond'è tronco Peloro, Che 'n pochi luoghi passa oltra quel segno, 33 Infin là 've si rende per ristoro

Di quel che 'l ciel della marina asciuga,
Ond' hanno i fiumi ciò che va con loro,
Virtù così per nimica si fuga

Da tutti, come biscia, per sventura
Del luogo, o per mal uso che gli fruga:
Ond' hanno sì mutata lor natura

Gli abitator della misera valle,
Che par che Circe gli avesse in pastura.
Tra brutti porci, più degni di galle

Che d'altro cibo fatto in uman uso,
Dirizza prima il suo povero calle.

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29. Si sdebitò, soddisfece al debito che aveva di rispondere. 30. Di tal valle, quella per cui Arno scorre.

31-36. Costruisci: Dal princi pio suo, dove l'alpestro monte ond' è da cui è) tronco Peloro è sì pregno (d'acqua) che in pochi luoghi passa oltre quel segno, fin là dove si rende (al mare) per ristoro di quello che ec. L'alpestro monte è poi l'Apennino da cui è staccato Peloro, promontorio della Sicilia, anticamente congiunto all' Italia. Quello che il cicl

della marina asciuga sono i vapori che il Sole fa innalzare.

42. Che par che Circe ec. Circe, famosa nelle favole, dando agli uomini a mangiare certi cibi, convertivali in bestie; e però Dante, in cambio di dire che parevano gli abitatori di quella valle bestie e non uomini, dice che pareva che Circe li avesse in pastura,cioè li pascesse con quei suoi cibi venefici.

43. Tra brutti porci ec. Parole d'orribile disprezzo, ove accenna gli abitanti del Casentino.

Botoli truova poi, venendo giuso,
Ringhiosi più che non chiede lor possa,
Ed a lor disdegnosa torce 'l muso.
Vassi caggendo, e quanto ella più 'ngrossa,
Tanto più truova di can farsi lupi
La maledetta e sventurata fossa.
Discesa poi per più pelaghi cupi,
Truova le volpi sì piene di froda,
Che non temono ingegno che le occùpi.
Nè lascerò di dir perch' altri m'oda;

E buon sarà costui, s' ancor s' ammenta
Di ciò che vero spirto mi disnoda.
Io veggio tuo nipote, che diventa

Cacciator di quei lupi in su la riva
Del fiero fiume, e tutti gli sgomenta.

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Monti, pigliare nella trappola. 56. E buon sarà costui, per sarà a costui, se ancora ; se fino allora che le cose succederanno, si ammenta, si ricorda o ricorderà di ciò che verace spirito profetico mi fa predire.

58-60. Io veggio tuo nipote ec. Fu nel 1302 Podestà in Firenze M. Fulcieri de' Calboli, nipote di Rinieri, con cui Guido favella, e fu corrotto con danari da que' di parte Nera a far incarcerare ed

52. Per più pelaghi cupi, per uccidere parecchi primarii persomolti profondi gorghi.

53. Truova le volpi, i Pisani. 54. Le occupi. Occupare vale qui metonimicamente superare, o, come disse il chiarissimo Cavalier

naggi di parte Bianca; e però come ha appellati lupi i Fiorentini, proseguendo l'allegoria appella il nipote di Rinieri cacciator di que' lupi.

Vende la carne loro essendo viva;
Poscia gli ancide come antica belva:
Molti di vita, e sè di pregio priva.
Sanguinoso esce della trista selva;

Lasciala tal, che di qui a mill' anni
Nello stato primaio non si rinselva.
Com' all' annunzio de' futuri danni

Si turba 'l viso di colui ch' ascolta,
Da qualche parte il periglio l'assanni;
Così vid' io l'altr' anima, che volta

Stava ad udir, turbarsi e farsi trista,
Poi ch' ebbe la parola a sè raccolta.
Lo dir dell' una, e dell' altra la vista
Mi fe' voglioso di saper lor nomi;
E dimanda ne fei con prieghi mista.
Per che lo spirto che di pria parlòmi,'

Ricominciò: tu vuoi ch'io mi deduca
Nel fare a te ciò che tu far non vuòmi;
Ma, da che Dio in te vuol che traluca

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62. Come antica belva; come si qualunque parte lo assalga, gli si farebbe di antichi buoi.

63. Sè di pregio priva, per essersi dato a conoscere uomo venale e crudele.

64. Trista selva per mesta città: o forse per città attrist ata.

66. Non si rinselva. Allusivamente allo aver dato a Firenze il nome di selva, dice non si rinselva invece di non si rifà.

69. Da qualche parte ec.: da

manifesti il pericolo.

70. L' altr' anima. M. Rinieri. 75. Dimanda ne fei ec., ne feci supplichevole dimanda.

77. Mi deduca per m' induca, riduca, ovvero tu vuoi ch' io mi umilii nel fare ec.

78. Non vuòmi, non mi vuoi. Rimprovera Guido a Dante la renitenza ch' ebb' egli di manifestare il proprio nome.

Tanto sua grazia, non ti sarò scarso;
Però sappi ch' io son Guido del Duca.
Fu'l sangue mio d'invidia sì riarso,

Che, se veduto avessi uom farsi lieto,
Visto m'avresti di livore sparso.

Di mia semenza cotal paglia mieto.

O gente umana, perchè poni'l cuore
Là 'v'è mestier di consorto divieto!
Questi è Rinier; quest' è'l pregio e l'onore
Della casa da Calboli, ove nullo
Fatto s'è reda poi del suo valore.
E non pur lo suo sangue è fatto brullo,
Tra 'l Po e 'l monte e la marina e 'l Reno,
Del ben richiesto al vero ed al trastullo;
Chè dentro a questi termini è ripieno
Di venenosi sterpi, sì che tardi,
Per coltivare, omai verrebber meno.

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che essendo infinito, può essere amato da tutti senza che l'uno porti invidia all' altro. 90. Reda per erede. 91. Fatto brullo, spogliato. 93. Del ben richiesto ec.: delle scienze e della costumatezza. 94. Dentro a questi termini, ai termini suddetti di Romagna. 95-96. Di venenosi sterpi, di scellerati costumi Per coltivare, per quanto si coltivasse tardi omai verrebber meno: oramai troppo lungo tempo vorrebbevi per estirparli.

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