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DISCORSO PRELIMINARE.

Lo scrivere intorno alla vita ed alle opere di uomini elevati, la cui sapienza e virtù già per lungo giro di molti secoli a gloria debita s' accompagnano, richiede a' tempi nostri cautela grande: poichè, non esiguo essendone il numero di valenti e degni illustratori, non basta con solennità di panegirici voler al merito tributare quegli encomj, che dagli anellanti petti d' infiniti ammiratori traboccano di continuo; o con cieca jattanza presumere di sparger nuova luce sopra gl' imperscrutabili prodotti di sì meravigliosi ingegni, mentr'essa forse già sfavillò dalle indefesse e faticose indagini d'altrui: ma uopo è industriarsi a fornir il leggitore di tali presidj, che per avventura gli mancano ancora, e tuttavia richiesti sono per introdurlo a più profonda intelligenza degli arcani, che quelle pagine sacre, nostro lucroso retaggio, possano alle volte rinchiudere: lunga e malagevole impresa, di cui e studio ed arte non sempre aggiungono il fine.

Or di questa cautela ci possiam noi affrancare in parte, non essendo intenzion nostra di corredare il presente volume d' un comento rischiarante il

poema sacro

A cui ha posto mano e cielo e terra 1;

il soggetto, sul quale si aggirarono le nostre deboli cure,

1 Parad. C. XXV. v. 1.

si è il solo testo di esso poema, a cui forse in processo di tempo farem quelli seguitare delle opere classiche di altri italiani Autori. Volemmo qui a preferenza di tutti produrre per primo il testo della immortale Commedia di Dante, non conoscendo ne' luminosi secoli della letteratura di quella gentil parte d' Europa,

Ch' Apennin parte e 'l Mar circonda e l' Alpe 1, verun nome che più glorioso suoni e più soave di quello di DANTE ALIGHIERI.

Le vicende biografiche di questo genio gigante sono, come il sapranno ben coloro che sopra le sue cantiche divine le vigilie consumano, primaria condizione per arrivarne a men penoso intendimento. Mossi da questa considerazione abbiam noi divisato di mandarvi innanzi il carattere del gran Patriarca dell' italiano sapere, delineandolo in minatura, non essendo che pochissime pagine a questo discorso riserbate. Prescinderem dunque dalle tante polemiche quistioni, e sotto silenzio passeremo, per quanto possibil sia, ogni eccedente e soverchio argomento, di cui talvolta, in volumi ancora di ben altra mole, quanto più si ragioni, tanto più vi resta a poterne ragionare.

Per conoscere però più agevolmente il carattere di persone, che non solo con degne mani arsero incenso al santuario delle Muse, ma che nelle armi e nella toga sudarono per il patrio bene, rende vantaggio grande il sapere in qual' epoca corso abbian l'età loro; chè male comprender potrebbonsi i varii rapporti, in cui ponevali la sociale lor condizione, se non si volesse ad un tempo avere continuo riguardo allo stato politico di quel paese, che dell' eccelse virtù loro e delle operazioni benefiche e gravi tosto o tardi si dovea gloriare. Quanto tale notizia intorno all' Alighieri giovar possa, conoscerassi facilmente, se si consideri, che tutto il corso di sua fatale vita intralciato era in una marcia politica, del cui guarimento il sappiamo sempre onestamente assetato. Sarà dunque profittevol cosa di volgere un momento lo sguardo sulla politica situazione d' Italia sin dal tredicesimo secolo, non che su quella della Repubblica di Firenze, a cui lustro impareggiabil diede il nascimento di tanto uomo.

1 PETRARCA, Son. 114.

I. La pace di Costanza, stabilita l' anno 1183, avea renduto alla penisola la bramata tranquillità. Le città italiche, sebben lacerate dalle tante ostinatissime guerre, sostenute per l'addietro, a guisa di Repubbliche si reggevano in libera indipendenza, industriandosi a gara di tosto ringiovanire, e far sorgere l' abbattuta Italia all' antica sua grandezza. Ma la sorte attraversava tali disegni. L' alto dominio, ch' ivi gl' Imperatori perder non volevano interamente, la preponderanza delle più forti città, che ad ingrandimento anellavano, e le discordie fra l' Impero e il Sacerdozio, per le quali venne infelicissima

mente

Col pastorale 1:

giunta la spada

erano le principali cagioni, che nuove disavventure a sradicar vennero il benedetto ulivo di pace, e a ripristinare in tal modo le tristissime condizioni d' Italia. - La morte dell' Imperatore Arrigo VI, seguita in Messina l'anno 11972, apportò alla Germania disastri grandi, i quali anco sugli stati d' Italia sensibilmente influivano. La guerra fieramente accesasi tra Filippo Duca di Svevia e Ottone IV, molte tosche città dell' opportuna occasione forniva d' innalberarvi il vessillo repubblicano, che nelle affrancate terre lombarde alcun tempo vedeasi già rigogliosamente ventolare. Laonde collo stesso Pontefice Innocenzo strinsero una lega non dissimile a quella

1 Purg. C. XVI. v. 109.

2 MURATORI, Annali d' Ital. a. h. a. 1 Vedi MURATORI, Annali d' Ital. 1198, e Antiq. Ital. Vol. IV. Diss. LI. 2 Vedi MACHIAVELLI, istorie fiorentine.

di Lombardia, e chiamossi Guelfa, siccome quelli che la seguitavano, s' appellaron Guelfi o aderenti de' Papi, per distinguersi da' Ghibellini, ch' eran seguaci degl' Imperatori: due fazioni funestissime, che, la concordia de' cittadini e delle famiglie rompendo, apportarono all' Italia giorni di corruccio e di sangue 1. Anco Firenze udiva nelle sue mura ben tosto risuonare questi infausti e abbominevoli nomi, i quali per nimicizie, prodotte dalle disavventurate bellezze di una donna, ai partiti delle due rivali famiglie dei Buondelmonti (Guelfi) e degli Uberti (Ghibellini) dapprima si apponevano.

II. Dopo i vani sforzi dell' Imperator Federigo II († 1250) di soggettare le lombarde città, prevaleva in Firenze il partito guelfo ; e non lungo tempo scorreva, che, sorgendo ardimentoso, sin ne' fondamentali statuti dar seppe a democratiche tendenze rapido sviluppo e poderosa efficacia. Il distinguere tutta la città in Arti produsse fra poco il dispregio delle famiglie de' Grandi, ai quali tuttavia il reggimento della Repubblica restava. Inaspriti dalle crudeli scelleratezze, che in continuo da questi si commettevano, chiesero i Popolani l' anno 1282 nuova forma di governo, sicchè, alle lor brame aderendo, si crearon tre cittadini, chiamati Priori, i quali per il corso di due mesi dovessero le redini del governo repubblicano maneggiare. Ritornò la pace in Firenze per alcun tempo; ed or contro gli Aretini (Campaldino 1289) strinsero vittoriosamente quel ferro, che per reiterati disgusti nelle patrie mura dovettero a proprio danno e disfacimento aguzzare ben tosto 2. Gli orrori delle intestine discordie aumentavansi di giorno in giorno, ognuno pretendeva comandare, nessuno sapeva ubbidire; le parti contrarie, le private famiglie stesse in sanguinose fazioni si rompe

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