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Nella seconda Cantica, in cui egli ci descrive il suo viaggio pel Purgatorio, domina un dolce suono di melanconia e di speranza, che le penitenti anime sommessamente innalzano. Quivi le dense tenebre già si dileguano, aria vi spira più soave; tutto ci offre un aspetto ancor tetro alquanto, ma consolante, perchè men doloroso:

Ahi! quanto son diverse quelle foci

Dalle infernali, che quivi per canti

S'entra, e laggiù per lamenti feroci1.

Ascendendo il monte della purificazione ritrova Dante gran copia d' anime, ch' espiano le medesime colpe, delle cui pene fece nell' Inferno trista menzione, ma che pel sopravvenuto pentimento aspirar possono a futura salvezza. Nella terza Cantica infine trascorre Dante il Paradiso. Qui tutto è calma, tutto serenità; men forti riescon le punture della satira; il sublime della religione, di mistica luce tingendo gli oggetti, penetra lo spirito e lo stile del pellegrinante Poeta. La dottrina, la luce, il fuoco, i colori e i suoni, tutte cose all' immateriale affini, ornano qui le grandi metafisiche sue imagini. Pervenuto Dante dal Purgatorio nel Paradiso terrestre havvi cambio di Ierofante. Virgilio sparisce per non esser degno d' innoltrarsi ne' beati luoghi, a cui

Non sali mai chi non credette in Cristo 2. La sua Beatrice, da cui viene la cristiana sapienza rappresentata, si fa in questo reame sua seconda guida, la quale di cerchio in cerchio, di cielo in cielo il conduce fino all' Empireo, alla beatifica visione dell' Essenza di Dio, aspetto glorioso troppo, che i frali occhi di mortal creatura non ne venissero attenebrati:

All' alta fantasia qui mancò possa 3. Pertrattando tali materie si eccedenti ogni forza visiva, è

1 Purg. C. XII. v. 112.

3 Parad. C. XXXIII. v. 142.

2 Parad. C. XIX. v. 104.

difficil cosa non cadere negli estremi del mistico, o del sensitivo. Molti cristiani poeti han la Divinità celebrata in ben altra maniera che Dante; a lui si compete la gloria d'aver saputo felicemente il temporale nell' eterno risolvere, l' umano nel divino, senza però scemare punto in noi la primitiva idea dell' eterno e del divino.

XIII. La commedia di Dante, sebben composta di sì stravaganti e disparati elementi, è notevole soprattutto nell' unità, e nel bello de' suoi grandi quadri, seppure il bello cerchiamo nello,, splendore del vero e nel riflesso del buono", come già il divino Platone e s. Agostino ve l' aveano rintracciato, o se anco all' idea profonda dello Schelling ci atteniamo, secondo cui,, il bello è l' infinito rappresentato nel finito." Per non riuscir soverchi, prescinderem noi dal corredar queste pagine dei tratti più rimarchevoli del poema sacro, i quali, avvegnachè già triti molto, nondimeno in ogni anima sensibile pietà desteranno e viva meraviglia, sino a che si abbiano in pregio le lettere, come quelli sarebbero dell' ingresso infernale colla famosa iscrizione, chè si termina nelle spaventevoli parole:

Lasciate ogni speranza, voi ch' entrate 1!

della lagrimosa storia del Conte Ugolino che di fame perì co' figli suoi nella torre di Pisa; dell' infelice Francesca da Rimino; dei flebili accenti di Pier dalle Vigne, e di altri simili, di cui prodigo fu l' Omero italico.,,In un campo di messe ubertosa", dice il Corniani 2,,, si possono rispigolare copiose spiche anche dopo la mietitura". Farem qui menzione solo di alcuni tratti, che rendon prova irrefragabile, non aver Dante fatto mere osservazioni, ma bensì tentato pure con vantaggio esperimenti penosi, per la qual cosa gli appartiene in certo modo la gloria

1 Inf. C. III. v. 9.

2 I secoli della Lett. ital. vol. 1.

d' aver conosciuto o almen presagito varie leggi della na-
tura, che appena in progresso di secoli furono da altri
genii dimostrate ad evidenza. Le piante crittogame,
giusta l'affermazion de' naturalisti, da lui già si conosce-
vano, accennando egli, che seminavansi senza verderne il
tenuissimo corpo, che ne ha virtù vitale producitrice:
Non dee parer di là poi meraviglia,

Udito questo, quando alcuna pianta
Senza seme palese vi si appiglia 1.

E' certo non conobbe il principio dell' attrazione universale; eppure un' idea, sebben vaga, ne dovette possedere, quand' egli nel sotterraneo suo viaggio arrivato al centro della terra, sdegnandone la comune denominazione, chiamalo

il punto,

Al qual si traggon d' ogni parte i pesi 2.

Se il profondo Newton non avesse avuto la poesia tanto a schifo, e fosse per avventura venuto a conoscere per essa questo poetico germe della sua grande idea, non l'avrebbe quest' unico passo di Dante meglio condotto alla sua geniale scoperta, che non la fortuita caduta d' un pomo nel suo giardino? — Sprovveduto d'ogni sorte di mezzi, che la sua vista potevano maggiormente acuire, nulladimeno ei seppe, la bianchezza della via lattea risultare dal confuso splendore d' infinita copia di stelle:

Come distinta da minori in maggi

Lumi biancheggia tra i poli del mondo
Galassia sì, che fa dubbiar ben saggi 3,

A lui non isfuggiva l'influsso della luce del sole sulle piante, che si ammolliscono per essa e maturità ne rice

vono:

1 Purg. C. XXVIII. v. 115.

3 Parad. C. XIV. v. 97.

2 Inf. C. XXXIV. v. 110.

vavano.

Guarda il calor del sol che si fa vino

Giunto all' umor che dalla vite cola 1. Di simili gemme potremmo noi fare doviziosa raccolta 2, se non dovessimo questo lieve schizzo della maggior produzione dell' Alighieri terminare osservando, che, se in sì copiosa messe di biade vi troviamo per avventura il loglio, non ne attribuiremo in vero il producimento che al terreno infecondo, su cui le lettere a que' tempi si coltiAppena la div. Commedia fu pubblicata, ch' essa divenne l'oggetto di profondo studio e dell' ammirazione di tutta Italia. I Fiorentini, l'ingiusto disdegno verso il fratello in amor fervido rivolgendo, n'eressero per comentarla una cattedra, ed al Boccaccio ne commisero la pubblica spiegazione; il quale esempio fu poscia in Bologna, in Pisa e in altre città laudevolmente imitato. Codici e comenti numerosissimi ne comparvero, e sì la volgarizzarono, ch' essa venne a mano a mano nelle lingue più illustri voltata, e la fama del divino Poeta suonava ben tosto per l'universo. Nè sarà però mai la sua gloria scema, perchè lo sventurato Cecco d' Ascoli, contemporaneo di Dante, il Bettinelli, il Laharpe, ed altri ingegni profani troppo per entrar reverenti nel santuario della dantesca Musa, follemente congiurarono a contaminarla negli animi di caldi ammiratori, poichè altro essi non fecero, che render presso la posterità macchiata la propria memoria con isfregio di rea censura.

BIBLIOGRAFIA. I comenti più antichi della div. Commedia abbiamo da Pietro figlio di Dante, da Jacopo della Lana, dal sì detto Anonimo, dal Boccaccio, da Benvenuto da Imola, dal Landino, dal Vellutello e da Daniello da Lucca. Le edizioni del poema sono

1 Purg. C. XXV. v. 77,

2 Chi più desidera su questo argomento istruirsi, ricorra all' opera celebratissima di M. MERIAN: Comment les sciences influent dans la poésie, ne' suoi nouveaux mémoires de l'Acad. Roy. Année 1784. —

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di numero tanto grande, che in sì ristretto lavoro possiamo far cenno solo delle più rilevanti, che ne fossero comparse sin dall' anno 1595, in cui il prefato poema venne dagli Accademici della Crusca ridotto a lezione migliore. CODICI E COMENTI. GLI ACCADEMICI DELLA CRUSCA: La div. Comm. di D. All. nobile Fiorentino, ridotta a miglior lezione, Firenze, Manzani, 1595, in 8° (edizione celebre, ma incorretta). — ANT. VOLPI: La div. Comm. ecc. Padova, Comino, 1726-1727, 3 vol. in 8o (il testo è quello della Crusca, però mondo di errori di stampa. Si può dire, che il testo approvato dagli Accademici fu per due interi secoli preso per base in tutte le edizioni della div. Comm.). POMPEO VENTURI: Dante con una breve e sufficiente dichiarazione del senso letterale ecc. Lucca, Cappuri, 1732, 3 vol. in 8o (ristampe ne furon fatte in seguito numerose). La div. Comm. con varie Annotazioni e copiosi Rami adornata ecc. Venezia, Ant. Zatta, 1757-1758, 3 vol. in 4° (bella edizione, di cui l' aggiunto vol. 4. contiene le Opere minori di Dante). BALDASS. LOMBARDI, MIN. CONV.: La div. Comm. novamente spiegata e difesa, Roma, Fulgoni, 1791, 3 vol. in 4o. — JACOPO DIONISI: La div. Comm. con nuove lezioni, Parma, Bodoni, 1795, 3 vol. in 4o (quest' ultime due opere abbagliarono la gloria degli Accademici).— GIOSAF. BIAGIOLI: La div. Comm. col comento, Parigi, Dondey Dupré, 1818-1819, 3 vol. in 8°. QUIRICO VIVIANI: La div. Comm. di D. Aligh. giusta la lezione del codice Bartoliniano, Udine, Mattiuzzi, 1823-1828, 3 vol. in 8°. GABR. ROSSETTI: La div. Comm. con comento analitico, in 6 vol. Londra, John Murray, 1826-1827, 2 vol. in 8°. - UGO FOSCOLO: La div. Comm. di D. Aligh. illustrata, Londra, Rolandi,

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