DEL VELTRO ALLEGORICO DE' GHIBELLINI CON ALTRE SCRITTURE INTORNO ALLA DIVINA COMMEDIA DI DANTE BF IN NAPOLI DALLA STAMPERIA DEL VAGLIO MDCCCLVI A' LETTORI L'amore cresciuto agli studii danteschi in Italia farà certo non parere inopportuna la publicazione del presente volume. Gli è vero che si è tanto abusato finora della pazienza de' leggitori di Dante, che il dir nuovo comento della Divina Comedia val quanto nuovo libro inutile, o, se non inutile per sè, poco utile (stranissimo effetto) a chi voglia entrare nel vero sentimento di Dante: si che Vittorio Alfieri non dubitò di dire che, quando volle studiare e intender Dante, pose da lato ogni sorta di comento. Io non voglio entrare in campo e romper veruna lancia contra gli oppositori di qualunque siasi sentenza: solo, posto eziandio che questo non è un comento a Dante, voglio aprire un pensiero, che, non essendo mio proprio, ma di uno de'più dotti uomini dell'età nostra, e con grave jattura delle lettere rapito ahi troppo presto all'affetto de' veri Italiani, dovrà ne parere soverchio ardito o del tutto avventato, nè da presunzion mosso o da ignoranza. Cesare Balbo, cui non è chi non voglia far di berretto in quanto a studii danteschi, scrisse, non ha molti auni, queste parole: «Petrarca fu più bello, Dante più grande. E nota, che egli è detto grande da molti che nemmeno |