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CANTO DECIMOPRIMO.

SESTO CERCHIO: ERETICI.. TOMBA DI PAPA ANASTASIO. DIVISIONE DELLA CITTÀ INFERNALE.

In su l'estremità d' un alta ripa

Che facevan gran pietre rotte in cerchio,
Venimmo sopra più crudele stipa.

4 E quivi, per l' orribile soperchio

Del puzzo che il profondo abisso gitta,
Ci raccostammo dietro ad un coperchio

7 D'un grande avello, ov' io vidi una scritta
Che diceva: Anastasio papa guardo

1. ALTA RIPA: quella che termina il cerchio degli eresiarchi e risguarda sopra quello de' violenti.

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2. CHE: quarto caso. - FACEVAN: formavano. ROTTE questa ripa non è dunque di un sol masso circolare, ma tutta intorno intorno scoscesa in grandi rottami; il perchè lo dice nei v. 31 e seg. del canto XII. 3. STIPA: prigione, chiusura. << stipa è nome di gabbia in cui si chiudono i polli, ed in questo senso si prende qui metaforicamente, imperocchè nel modo stesso che i polli chiudonsi nelle gabbie, così le anime sono chiuse in questo carcere duro.» Benv. Ramb. Secondo altri stipa vuol dire ammasso, cumulo, cioè di tormenti e tormentati.

4. SOPERCHIO: eccesso.

5. PUZZO: simbolo dell' abbominazione de' peccati. Bona fama bonus odor, mala vero foetor. Postill. Cassin. e S. Agostino.

6. DIETRO: i coperchi erano tutti levati. Cfr. IX, 121. X, 8.

7. GRANDE: da Inf. IX, 129. X, 118 risulta che ogni singolo avello non contiene un dannato solo, bensi un eresiarca co' suoi seguaci, C. IX, 127. 128. Grande dovea dunque essere questo avello, onde comprendere l'infinito numero di Ariani, Sabelliani ecc. Meritamente la scritta sul coperchio nomina un papa, essendo questi il capo della chiesa. Ammettendo all' incontro che in ogni singolo avello non vi sia che un' anima sola la grandezza di questo qui servirebbe a denotare la somma dignità di colui che dentro vi giace.

8. ANASTASIO: romano, secondo di questo nome, eletto nel pontificato li 24 Novembre 496. Vivendo egli al tempo dello scisma fra le due chiese orientale ed occidentale, ed amando molto la pace, Anastasio spedì nel 497 due legati con lettera assai sommessa ad Anastasio imperatore, pregandolo a far levare dai sacri Dittici il nome dell' ariano Acacio, già

DANTE, Divina Commedia. I.

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Lo qual trasse Fotin della vita dritta.
«Lo nostro scender conviene esser tardo
Sì che s' ausi prima un poco il senso
Al tristo fiato. E poi non fia riguardo.»>
Così il maestro. Ed io: «Alcun compenso >>
Dissi lui,
«<trova, che il tempo non passi
Perduto. Ed egli: «Vedi che a ciò penso.
Figliuol mio, dentro da cotesti sassi>>>
Cominciò poi a dir,

«son tre cerchietti

Di grado in grado, come quei che lassi.
Tutti son pien' di spirti maledetti.

Ma perchè poi ti basti pur la vista,

vescovo di Cesarea in Palestina. L'imperatore non acconsentì, nè il papa sembra aver insistito molto. Mori li 17 Novembre 498. -GUARDO: custodisco, chiudo in me. È l'avello che parla.

9. LO QUAL: quarto caso. FOTIN: Fotino, vescovo di Sirmio e discepolo di Marcello d' Ancira, tinto dell' eresia di Sabellio. Le sue dottrine furono condannate dal concilio di Milano nel 347; egli stesso fu deposto dal concilio di Sirmio nel 351. Morì nel 376 o in quel torno. Vani e superflui ci sembrano gli sforzi onde conciliare questo passo di Dante colla storia. Il Poeta seguì in questo luogo la tradizione de' suoi tempi, e specialmente la cronaca di Martino Polono, alla quale si attenne pure l' An. Fior., che qui non fa altro che tradurla. «Et però che in quel tempo molti cherici si levorono contro a lui (papa Anastagio secondo), però ch' egli tenea amicizia et singulare fratellanza et conversazione con Fortino Diacono di Tessaglia, che fu poi Vescovo d' una città chiamata Gallogrecia, la quale è in Siria; et questo Fortino fu famigliare et maculato d' uno medesimo errore d' eresia con Acazio dannato per la Chiesa Cattolica; et perchè Anastagio volea ricomunicare questo Acazio, avegna Iddio ch' egli non potessi, fu percosso dal giudicio di Dio; però che, essendo raunato il concilio, volendo egli andare a sgravare il ventre ne' luoghi segreti, per volere et giudicio divino, sedendo et sforzandosi le interiora gli uscirono di sotto, et ivi finì miserabilmente sua vita.>> Così l' Anonimo; lo stesso si legge Decret. Grat. p. dist. XIX, 8. 9. 10. TARDO: ritardato.

11. S' AUSI: si assuefaccia a poco a poco all' orribile soperchio del puzzo. IL SENSO: dell' odorato (il genere sta qui per la specie). 12. FIATO: all' orribile puzzo, v. 5. NON FIA RIGUARDO: andremo

francamente, senza curarci della pestifera esalazione.

13. COMPENSO: riparo, risarcimento. Il tempo ha grandissimo valore pel nostro Poeta, cfr. Purg. III, 78. XVII, 84. Parad. XXVI, 4 ecc. 14. IL TEMPO: durante il quale ci conviene aspettare.

15. VEDI: ecco che io stesso ci pensava già.

16. SASSI: dentro la cinta formata dalle gran pietre rotte del v. 2. 17. TRE CERCHIETTI: il settimo, l'ottavo ed il nono. Il settimo è il cerchio de' violenti e si divide in tre gironi; l'ottavo de' fraudolenti, scompartito in dieci bolgie; il nono de' traditori colla Caina, l' Antenora e la Giudecca. Cerchietti gli chiama per rispetto a' sei primi, i quali, a motivo della forma conica dell' inferno, sono maggiori.

18. DI GRADO IN GRADO: digradanti, come i sei primi.LASSI: lasci. 19. TUTTI: tutti e tre questi cerchietti. MALEDETTI: dannati. 20. TI BASTI: onde conoscere qual sorta di peccatori si ritrovano in ogni cerchio, senza aver bisogno di dimandarmelo. Infatti da ora in poi Dante non rivolge più al suo duce tali dimande come Inf. III, 33. 73. IV, 74. V, 50. 51. VII, 37. 38. IX, 124 ecc. -PUR: solamente affinchè il solo veder ti basti.

Intendi come e perchè son costretti.
22 D'ogni malizia ch' odio in cielo acquista,
Ingiuria è il fine, ed ogni fin cotale

O con forza o con frode altrui contrista.
25 Ma perchè frode è dell' uom proprio male,
Più spiace a Dio: e però stan di sutto
Gli frodolenti, e più dolor gli assale.
28 De' violenti il primo cerchio è tutto:
Ma perchè si fa forza a tre persone,
In tre gironi è distinto e costrutto.
A Dio, a sè, al prossimo si puone
Far forza; dico in sè ed in lor cose,
Come udirai con aperta ragione.

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34 Morte per forza e ferute dogliose

Nel prossimo si dánno, e nel suo avere
Ruine, incendj e tollette dannose:

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e

21. COME E PERCHÈ: in qual modo e secondo qual ordine gli spiriti sono distinti e separati l'uno dall' altro in diversi cerchi e gironi, quali peccati ve gli condussero. COSTRETTI: stretti insieme, stivati; si riferisce agli spiriti. Altri riferiscono costretti ai cerchi, e spiega: stretti, serrati l'un dentro l' altro. 22. ODIO

ACQUISTA: tu odii tutti gli operatori d' iniquità, Sal. V, 6. Cum autem duobus modis, id est aut vi aut fraude, fiat iniuria; fraus quasi vulpeculae, vis leonis videtur: utrumque alienissimum ab homine est, sed fraus odio digna maiore. Cic. de Off. I, 13. Nulla è da odiare, se non per sopravvenimento di malizia. Conv. 1. IV, c. 1.

È IL

23. INGIURIA: ingiustizia; parola solenne d' Aristotele. Tom. FINE: ogni malizia si risolve in ingiustizia, o contra Dio, o contra 'l prossimo, o contra sè stesso.

24. ALTRUI CONTRISTA: offende l' ingiuriato.

25. PROPRIO MALE: soltanto l' uomo può offendere altrui colla frode, nascendo essa dall' abuso dell' intelletto a lui solo concesso.

26. SUTTO: sotto; è pretto il lat. subtus.

27. PIÙ DOLOR: sono maggiormente tormentati.

28. IL PRIMO: a contare di quì; è il primo de' tre cerchietti, v. 17. ma settimo dell' inferno.

29. A TRE PERSONE: a Dio, al prossimo o a sè stesso.

30. GIRONI: parti del cerchio. Qui distingue fra cerchio e girone; altrove adopera i due termini pressochè nel medesimo senso.

31. PUONE: può; come fene per fe ecc. Si usa ancor oggigiorno in Toscana.

32. IN: contro. IN SE: nella persona. -IN LOR COSE: nella roba. 33. UDIRAI: adesso da me. - APERTA RAGIONE: chiaro ragionamento; dal lat._ratio= discorso, ragionamento, sermone.

e

34. La FORZA si usa nel prossimo: contro la persona, uccidendo ferendo; contro la roba ruinando, incendiando e rubando. -FERUTE: ferite; da feruto participio antico di ferere=ferire.

36. TOLLETTE: ruberíe, rapine; da tollo nel senso di togliere, rubare. «Tollette dannose ciò è ruberíe con danno et vergogna del prossimo.» An. Fior.Altra lez. collette. «L' uno e l'altro significa tributo, imposizione od anche prestanza. Se pure v'è differenza fra collette e tollette io direi essere quella che Tollette proviene dal celtico Tolt= imposizione, aggravio, e Collette fu una prestanza o aggravio che dovevasi pagare nelle mani dei Collettori, specialmente in occasione di guerra.» Ott. Mazzoni-Toselli, Voci e passi di Dante, Bologna 1871, pag. 34. Ma dal contesto ci sembra

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37 Onde omicide e ciascun che mal fiere,
Guastatori e predon', tutti tormenta
Lo giron primo per diverse schiere.
Puote uomo avere in sè man violenta
E ne' suoi beni; e però nel secondo
Giron convien che senza pro si penta
Qualunque priva sè del vostro mondo,
Biscazza e fonde la sua facultade,

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E piange là dove esser dee giocondo.
Puossi far forza nella Deitade,

Col cor negando e bestemmiando quella,
E spregiando natura e sua bontade:

risultar chiaramente, e che la vera lezione sia tollette, e che tollette voglia significare ruberie, rupine, e non prestanza, o aggravio. Poichè se gli omicide del v. 37 sono coloro che morte per forza nel prossimo danno del v. 34: se coloro che mal fiedono del v. 37 sono appunto que' che ferute dogliose nel prossimo danno del v. 34: se i guastatori del v. 38 non sono diversi da coloro che fanno forza nell' avere del prossimo con ruine ed incendi, v. 36: quegli che fanno forza nell' avere del prossimo con tollette dannose del v. 36 dovranno di necessità esser precisamente i predon' del v. 38 che vengon puniti nel primo girone. Or questi predoni sono appunto que' che fecero guerra alle strade, Inf. XII, 138; dunque nè Collettori nè altro, bensì ladroni.

37. OMICIDE: omicidi, come eresiarche per eresiarchi, Inf. X, 127; desinenza antica ma regolarissima. Cfr. Nannucci, Teor. dei nomi, cap. 10. MAL FIERE: ferisce ingiustamente il prossimo.

38. GUASTATORI: i rei di ruine e di incendi. - PREDON': predoni, i rei di tollette dannose, vedi sul v. 36. « Tra ladro e predoni è questa differenza, che il predone ruba anch' egli come il ladro, ma di più violenta. Qui enim (dice Giustiniano nell' Inst.) magis alienam rem invito domino contrectat, quam qui vi rapit? Ideoque recte dictum est, eum improbum furem esse. Ma Dante mette i ladri molto più giù, perchè a' suoi tempi il prender per forza aveva del grande.» Andr.

39. PER DIVERSE SCHIERE: nelle quali questi peccatori sono divisi secondo la qualità della violenza usata.

40. IN SÈ: contro di sè, facendosi suicida, v. 43.

41. NE' SUOI BENI: dissipandoli; vedi la nota seg.

44. BISCAZZA: giuoca in biscazze. «Biscaccia o Biscazza era un giuoco d'azzardo, come quello della Zara, della Busta e di altri.» Mazz. Toselli, op. cit. p. 32 dove si arrecano pure diversi documenti comprovanti tale spiegazione. FONDE: profonde, consuma. Questi dissipatori vanno distinti dai prodighi del C. VII, i quali non peccano che dimal dare, VII, 58, mentre all' incontro i primi scialacquano i loro beni giuocandoseli.

45. LA: nel mondo. << Bellissimo e chiarissimo ne emerge il significato morale interpretando: E così quelle cose che a ciascuno dovrebber esser cagione di gioia e scala al paradiso, con la vita e le ricchezze bene usate, quelle stesse gli sono scala di pianto e di dannazione usate male.» Fanfani.

46. NELLA DEITADE: contro la Deità contro a Dio.

47. COL COR NEGANDO: L'empio dice nel cuor suo: Non v'è Dio. Sal. XIV, 1 cfr. Sal. X, 4. LIII, 2.

48. SPREGIANDO NATURA: facendosi reo di peccati contro natura, come i Sodomiti. -SUA BONTADE: la bontà di Dio; non della natura come potrebbe sembrare a primo sguardo; cfr. v. 95. 96: Là dove di che usura offende LA DIVINA BONTADE,

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E però lo minor giron suggella

Del segno suo e Sodoma e Caorsa,
E chi, spregiando Dio, col cor favella.
52 La frode, ond' ogni coscienza è morsa

Può l'uomo usare in quei che in lui fida
Ed in quei che fidanza non imborsa.
55 Questo modo di retro par che uccida

Pur lo vinco d' amor che fa natura;
Onde nel cerchio secondo s' annida
58 Ipocrisia, lusinghe e chi affattura,
Falsità, ladroneccio e simonia,
Ruffian', baratti e simile lordura.

=

49. MINOR GIRON: il terzo, il quale, essendo più stretto, è perciò minore degli altri due. SUGGELLA: Imprime loro il suo suggello gli dichiara suoi. Evangelo gittò il dragone nell' abisso, il quale egli serrò e suggello sopra esso, acciocchè non seducesse più le genti. Apoc. XX, 3.

50. SODOMA: i sodomiti, così detti da Sodoma, cfr. Genesi XIX. CAORSA: gli usurai, così detti da Caorsa, lat. Cadurcum, già capoluogo dell' alto Quercy, ora del dipartimento del Lot, nel medio un nido di usurai. Invaluit autem his diebus adeo Caursinorum pestis abominanda, ut vix esset aliquis in tota Anglia, maxime Praelatus, qui retibus illorum jam non illaquearetur. Etiam ipse Rex, debito inestimabili eis tenebatur obligatus. Circumveniebant enim in necessitatibus indigentes, usuram sub specie negotiationis palliantes: et nescire dissimulantes, quod quicquid accrescit sorti, usura est. Matteo Paris: Hist. Maj. ad an. 1235. Temporibus sub eisdem usurarii transalpini, quos Caursinos appellamus, adeo multiplicati sunt et ditati etc. Ibid. ad an. 1251. Il Ducange reca decreti di Filippo l' Ardito contro gli usurai, qui vulgariter Caorsini dicuntur. Il Bocc.: «Come l'uom dice d' alcuno: egli è Caorsino, così s' intende ch' egli sia usuraio.»> 51. COL COR FAVELLA: bestemmiando e negando Iddio, cfr. v. 47. 52. OGNI COSCIENZA: poichè tutti, qual più qual meno, ne sono rei. Tutti hanno usato frode con la lor lingua. Rom. III, 12. 13. -MORSA: offesa. Intendi, o che la frode è tal vizio che le coscienze più dure n' hanno rimorso; e Cicer: Sua quemque fraus, suus timor maxime vexat; o che Virgilio voglia rimproverare i contemporanei di Dante come i più macchiati di frode.» Tom.

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54. NON IMBORSA: non si fida.

55. DI RETRO: ultimo l' usar frode contro chi non si fida. - UCCIDA: tronchi, recida.

56. PUR: soltanto. -CHE FA NATURA: l'amor naturale. Ciascun uomo a ciascun uomo è naturalmente amico. Conv. I, 1.

57. SECONDO: dé' tre cerchietti del v. 17. S' ANNIDA: l'è dato per stanza, come ad uccello il nido. Bocc.

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58. LUSINGHE: adulatori, Inf. XVIII. CHI AFFATTURA: maghi, maliosi. Vedi Mazzoni - Toselli op. cit. pag. 129 e seg. Ipocrisia, lusinghe, falsità ecc. sta per ipocriti, lusinghieri, falsatori ecc., avendo il Poeta, dietro l'esempio de' Latini, adoperato in questo luogo il nome astratto per l' aggettivo concreto sustantivo.

59. FALSITÀ: i falsatori di ogni specie.

60. BARATTI: i barattieri, spiegano i commentatori. Ma il MazzoniToselli (op. cit. p. 28-31) reca molti documenti onde comprovare che «baratto non è quì un venditore o compratore di quello che l'uomo è tenuto di fare per suo officio, per danari e per cose equivalenti, ma una povera e vile persona di professione giocatore e che pel gioco voleva impegnare perfino i panni di dosso.» Senonchè i giocatori gli abbiamo già nel v. 43, ed i baratti devono di necessità essere i peccatori dei Canti XXI e XXII,

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