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CANTO DECIMOSECONDO.

PRIMO GIRONE DEL SETTIMO CERCHIO: VIOLENTI, TIRANNI
ED OMICIDI. IL MINOTAURO. -I CENTAURI.
RONE.

EZZELINO.

OPIZZO DA ESTI.
FORTE.

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NESSO. CHIGUIDO DA MON

Era lo loco, ove a scender la riva

Venimmo, alpestro, e per quel ch' ivi er' anco
Tal ch' ogni vista ne sarebbe schiva.

4 Qual è quella ruina che nel fianco

Di qua da Trento l' Adice percosse
O per tremuoto o per sostegno manco,

7 Che da cima del monte, onde si mosse,

1. LO LOCO: il balzo, XI, 115. dove i due Poeti doveano scendere giù dal sesto nel settimo cerchio.

baratro del VII cerchio.

2. ALPESTRO: erto, aspro.

RIVA: ripa, l'estremità sovrastante al

QUEL: il Minotauro che era lì disteso in

su la punta della rotta lacca. ANCO: inoltre.

3. SCHIVA: ognuno avrebbe schivato di riguardare la natura di quel luogo e la bestia (v. 19) che lo rendeva schifoso e spaventevole.

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4. QUELLA RUINA: si è acremente disputato fra gli eruditi veronesi e trentini, quale luogo precisamente indicasse Dante; se cioè intendesse il varco apertosi dall' Adige a traverso le falde del monte Pastello nel luogo detto la chiusa, e che è chiamato li Slavini di Marco, ovvero se volesse accennare alla rovina di Monte Barco presso Rovereto. Ogni dubbio però scomparisce, allorchè consultisi la Storia di Verona di Girolamo Della Corte, che nel lib. X alla pag. 608 scrive: Quest' anno stesso (1309) il vigesimo giorno del mese di giugno, che fu un sabbato, ruinò con gran meraviglia d' ognuno (perchè in quell' ora non si sentì nè terremoto, nè vento alcuno) una gran parte del monte sopra la Chiusa verso Verona, le ruine del quale si veggono ancora in gran parte. Tale caduta del monte avvenne adunque nel tempo in cui ritiensi che Dante si trovasse in Verona; benchè l' osservazione che fa il Della Corte che non si udì terremoto, tolga il dubbio messo dal Poeta. (Barozzi: Dante e il suo secolo, p. 809-810.) Questa spiegazione suppone che Dante dettasse la Cantica dell' Inferno dopo il 1309. Infatti nel volume dei Prolegomeni si recheranno le prove onde dimostrare che essa non fu scritta che dopo la morte di Enrico VII. Vedi pure la nostra opera tedesca: Dante Alighieri, il suo tempo, la sua vita, le sue opere (Bienna 1869) pag. 449-457.

6. MANCO: mancato, a motivo dell' assiduo rodere del fiume. Cfr. Inf. XXXIV, 131.

7. SI MOSSE: quella ruina.

Al piano è sì la roccia discoscesa,
Ch' alcuna via darebbe a chi su fosse:
10 Cotal di quel burrato era la scesa.
E in su la punta della rotta lacca
L' infamia di Creti era distesa,
13 Che fu concetta nella falsa vacca.

E quando vide noi sè stesso morse,
Si come quei, cui l' ira dentro fiacca.
16 Lo savio mio invêr lui gridò: «Forse

Tu credi che quì sia il duca d' Atene,
Che su nel mondo la morte ti porse?
19 Pártiti, bestia, chè questi non viene
Ammaestrato dalla tua sorella,

8. È si LA ROCCIA: la roccia è così solcata dal sofferto scoscendimento, che a chi fosse su, presenterebbe qualche via, sebben malagevole, da potere scendere al basso. Una roccia tagliata a piombo, se tutta unita, non da alcuna via per discendere. Andr.

9. ALCUNA VIA: una qualche via, ma malagevole, per iscendere. Alcuni pretendono che alcuna abbia qui forza di nessuna; ma alcuno non si usa mai nè poi mai per nessuno, ed inoltre, se lo loco, dove i Poeti vennero onde scender la rica era così discosceso da non dare nessuna via a chi fosse sopra il monte, essi non avrebbero potuto scendere. Or essi scesero qui, dunque c'era una qualche via; e appunto perchè una via, sebben difficile, la c' era, il Minotauro sta 11 come custode. O ha forse il Poeta inteso fare la seguente comparazione: «Siccome là in quella ruina di quà da Trento non vi è nessuna via per venir giù, così anche quì - ce n' era una?!» 10. BURRATO: luogo scosceso, dirupato, profondo, e conseguentemente buio ed oscuro.

11. PUNTA: sommità, estremità, orlo. LACCA: vedi sopra Inf. VII, 16. 12. L' INFAMIA: il Minotauro, v. 25, il quale fu una infamia dell' isola di Creti o Creta, essendo egli il frutto delle voglie innaturali di Pasifae. Dante ne fa il custode e nello stesso tempo il simbolo de' violenti, de' tiranni, degli omicidi. Il Minotauro della mitologia si pasceva infatti di carne umana, ed i Minotauri storici non agirono in fondo molto diversamente del mitologico. CRETI: per Creta, l' usa anche in prosa, Conv. IV, 27; il Villani disse pure Creti, lib. I, c. 6. così pure il Boccaccio ecc. 13. FALSA VACCA: era di legno. Udiamo un po' come l' An. Fior. ci sa raccontare la mitologia: «La reina Pasife, donna del re Minos, rimasa nell' isola di Creti nel suo palagio (mentre Minos, suo marito, stette ad oste), dirietro al quale palagio avea uno prato, nel quale prato fralli altri armenti v' era uno bellissimo toro, del quale toro Pasife s' accese di disusitata lussuria; et però che non sapea da sè trovare il modo d' usare con questo toro, ebbe consiglio con uno ingegnoso maestro chiamato Dedalo, il quale fece una vacca di legno, et poi la coperse d' uno cuojo di vacca, et missevi dentro la reina a giacere per quel modo che più v' era acconcio, onde il toro, credendo questo essere vacca, la montò, onde Pasife, ingravidata, partorì uno il quale era bue dalla cintola in giù e da indi in su uomo ferocissimo, et questo mostro fu chiamato Minotauro.»> 14. MORSE: per rabbia, non potendo mordere altrui; proprio de' violenti.

15. FIACCA: indebolisce, togliendo loro l'uso della ragione.

17. IL DUCA D'ATENE: Teseo che coll' aiuto della sua amante Ariadne uccise il Minotauro.

20. SORELLA: Ariadne, figlia di Minos e di Pasife. Ammaestro Teseo, di cui era amante, come potesse introdursi sicuro nel Laberinto onde uccidere il Minotauro.

Ma vassi per veder le vostre pene.»
22 Qual è quel toro che si slaccia in quella
Che ha ricevuto già il colpo mortale,

Che gir non sa, ma quà e là saltella:
25 Vid' io lo Minotauro far cotale.

E quegli accorto gridò: «Corri al varco;
Mentre ch'è in furia è buon che tu ti cale.»
28 Così prendemmo via giù per lo scarco
Di quelle pietre, che spesso moviensi
Sotto i miei piedi per lo nuovo carco.
31 Io gía pensando. E quei disse: «Tu pensi
Forse a questa rovina, che è guardata
Da quell' ira bestial, ch' io ora spensi.
34 Or vo' che sappi, che l' altra fiata

Ch' io discesi quaggiù nel basso inferno,

21. PER VEDER: non viene per recar danno a persona, ma se pe va per l'inferno onde contemplare le pene dei dannati.

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22. SLACCIA: rompe il suo laccio. IN QUELLA: nel momento. La similitudine è presa da Virgilio, Eneid. II, 223. 224:

Qualis mugitus, fugit quom saucius aram

Taurus, et incertam excussit cervice securim.

25. COTALE: è qui avverbio e vale così, nel medesimo modo. Chiamandolo bestia e ricordandogli la sua morte ed il suo uccisore Virgilio gli avea dato in tal qual modo il colpo fatale. I violenti fremono al solo pensiero di dover soffrire alcun che da altri, essi che non sono usi che a far soffrire.

26. QUEGLI: Virgilio. ACCORTO: vide esser questo il momento propizio onde passare il passo della discesa. La bestia saltellava quà e là come il toro che ha ricevuto il colpo mortale; non attendeva adunque in questo momento al suo uffizio di guardare il passo. - VARCO: il passo dove conveniva discendere, poco fa occupato dal Minotauro.

27. MENTRE CH'È IN FURIA: mentre saltella quà e là e lascia libero il varco. TI CALE: ti cali, scenda.

28. SCARCO: scarico, scaricamento, cioè della ripa la quale rovinando si era per così dire scaricata. «Così chiama il rovesciamento di quelle pietre, perocchè cadendo avevano discaricata del proprio peso quella ripa, su della quale erano prima collocate.» Lomb.

29. MOVIENSI: si movevano.

30. NUOVO CARCO: insolito peso. Non solevano scendervi che anime, il peso di persona viva era nuovo a quelle pietre.

31. PENSANDO: tutto pensieroso. A cosa pensasse lo dimostra la risposta di Virgilio.

33. IRA BESTIAL: bestia irata. SPENSI: rammentandogli Teseo Virgilio non avea spento l' ira del Minotauro, ma lo avea al contrario fatto montar in furia. Per conseguenza non potrà dire di aver spento (= estinto, smorzato) l' ira di quella bestia. Ira bestiale vale qui bestia irosa, e spensi vale resi impotente a nuocerci. L'ira aveva acciecato il Minotauro. 34. L'ALTRA FIATA: la prima volta che discesi quaggiù

Congiurato da quella Eriton cruda.

Vedi Inf. IX, 22 e seg.

35. BASSO INFERNO: questo dice a differenzia del limbo, ove elli stava che è alto rispetto delli altri cerchi. Buti.

Questa roccia non era ancor cascata.
37 Ma certo poco pria, se ben discerno,
Che venisse Colui che la gran preda
Levò a Dite del cerchio superno,
40 Da tutte parti l' alta valle feda

Tremò sì, ch' io pensai che l'universo
Sentisse amor, per lo quale è chi creda
43 Più volte il mondo in caos converso.

Ed in quel punto questa vecchia roccia
Qui ed altrove tal fece riverso.

46 Ma ficca gli occhi a valle; chè s' approccia

36. ROCCIA: ripa. NON ERA ANCOR: essendovi Virgilio disceso breve tempo dopo la sua morte, e prima della morte di Cristo.

37. POCO PRIA: pochi momenti avanti, giacchè il terremoto si fece al momento della morte del Redentore, e subito dopo la sua morte egli discese agl' inferi.

38. COLUI: Cristo.

LA GRAN PREDA: delle anime ch' egli trasse dal limbo e fecegli beati; vedi Inf. IV, 52-61.

39. CERCHIO SUPERNO: il limbo che è il primo cerchio dell' inferno. 40. ALTA: profonda. -FEDA: fetida, sozza.

41. TREMÒ: secondo la leggenda evangelica tutta quanta la terra tremò al momento della morte di Cristo. La terra tremò, e le pietre si schiantarono, Matt. XXVII, 51; anche le pietre dell' inferno, s' intende.

42. SENTISSE AMOR: di Colui che spirava in quel punto. Ma Virgilio allude quì all' opinione di Empedocle, il quale insegnava che il mondo fosse formato dalla discordia degli atomi, e che la concordia di essi dovesse esser seguita dalla confusione del tutto. Quest' opinione di Empedocle Dante la conosceva probabilmente dagli scritti di Aristotele, il quale s'ingegna di confutarla. — È CHI CREDA: è imitazione della frase latina: Est qui credat.

43. IN CAOS CONVERSO: ritornato in confusione.

44. VECCHIA: antica. Dinanzi a me non fûr cose create. Inf. III, ROCCIA: rocca; ripa.

45. ALTROVE: nella sesta bolgia dell' ottavo cerchio, dove giace

Tutto spezzato al fondo l'arco sesto.

Inf. XXI, 108.

7.

«Il girone dei violenti e quello degl' ipocriti soffersero soli la detta rovina, quasi a significare l'odio che il mansueto e candido Agnello dimostrò a questi due sopra tutti i vizii, e le due cause della morte di lui: ipocrisia e violenza.» Tom. Va bene che Virgilio dica la roccia non essere ancora cascata allorchè l' altra fiata egli discese quaggiù, avendolo veduto coi propri suoi occhi. Ma non essendovi egli più sceso dopo la morte del Redentore, come mai poteva egli sapere di queste rovine? Il Blanc risponde a tal dimanda supponendo che una qualche altra ombra vi fosse discesa nel corso de' secoli e ne avesse riportate novelle al limbo. Ma oltrechè una tal opinione non ha verun fondamento essa è del tutto superflua. Dante ci ha già detto che Virgilio tutto seppe, Inf. VII, 3. Inoltre udendo il terremoto poteva ben immaginarsi che esso dovesse esser cagione di grandi rivoluzioni nel basso inferno. Non ci voleva mica molto! Se un' ombra del limbo fosse discesa laggiù e gliene avesse recate novelle, essa gli avrebbe probabilmente anche detto l'arco sesto esser spezzato al fondo, il che però è ignoto a Virgilio che si lascia gabbare dai diavoli appunto per causa di questa sua ignoranza. Cfr. Inf. XXI, 106 e seg. RIVERSO: rovina.

46. A VALLE: giù nella valle, al basso. S' APPROCCIA: si appressa.

La riviera del sangue, in la qual bolle Qual che per violenza in altrui noccia.»> 49 Oh cieca cupidigia, oh ira folle,

Che si ci sproni nella vita corta,

E nell' eterna poi sì mal c' immolle!
52 Io vidi un' ampia fossa in arco torta,

Come quella che tutto il piano abbraccia,
Secondo ch' avea detto la mia scorta;
55 E tra il piè della ripa ed essa, in traccia
Correan Centauri armati di saette,

Come solean nel mondo andare a caccia.

58 Vedendoci calar ciascun ristette,

E della schiera tre si dipartiro

Con archi e asticciuole prima elette.

47. LA RIVIERA DEL SANGUE: il terzo fiume infernale, ossia il Flegetonte, Inf. XIV, 130 e seg.

48. QUAL CHE: chiunque offende il prossimo con violenza.

49. Non paia strano che nell' entrare alla pena de' violenti il Poeta esclami: Oh, cieca cupidigia, oh ira folle! L' Apostolo chiama radice di tutti i mali la cupidità, cioè la volontà disordinata di cosa qualsiasi; però c'entra l' ira violenta e rapace sì degli omicidi sì de' ladroni di strada, e sì de' governanti non giusti! Tom. La cupidigia induce ad offender altrui nella roba, l' ira nella persona.

50. CI SPRONI: ci stimoli e molesti. restre.

VITA CORTA: breve vita ter

51. NELL' ETERNA: vita. C'IMMOLLE: ci immolli, ci bagni dolorosamente in cotesto fiume di sangue bollente.

52. IN ARCO TORTA: circolare. Siamo al primo girone del settimo cerchio, dove vengon puniti i violenti contro il prossimo. La pena corrisponde intieramente alla colpa. Sangue sitisti, ed io di sangue t'empio, Purg. XII, 56.

53. COME: in questo luogo non è sicut, ma significa tanquam. Dan. — TUTTO IL PIANO: onde contenere la grande moltitudine de' violenti.

54. SCORTA: Virgilio.

·AVEA DETTO: Inf. XI, 28.

55. TRA IL PIE: tra 'l sasso erto e tagliato in tondo era un sentiero. Tom. ESSA: fossa. - IN TRACCIA: in fila, uno dopo l' altro in modo che l'uno seguiva le traccie dell' altro, il sentiero essendo strettissimo. Al; in cerca di anime da saettare.

56. CENTAURI: figli di Issione e della nuvola, esseri giganteschi mezzo uomini e mezzo cavalli, pericolosi a motivo della loro forza e velocità. Il Boccaccio vuole che figurino gli uomini d' armi, co' quali i tiranni tengono le signorie contro a' piaceri de' popoli.

58. Abbiamo in questi versi una fotografia di quelli di Virgilio, Eneid. VI, 384-389:

Ergo iter inceptum peragunt; Auvioque propinquant.
Navita quos iam inde ut Stygia prospexit ab unda
Per tacitum nemus ire, pedemque advertere ripæ,
Sic prior adgreditur dictis, atque increpat ultro:
Quisquis es, armatus qui nostra ad flumina tendis,

Fare age, quid venias: jam istinc et comprime gressum.

59. TRE: Nesso, Chirone e Folo, v. 67 e seg.

60. ASTICCIUOLE: saette, così chiamate perchè fatte a guisa di piccole aste. PRIMA ELETTE: scelte dal mazzo prima di dipartirsi dalla schiera.

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