La divina commedia

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A. Befani, 1888 - 846 pages
 

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Page 32 - Per me si va nell' eterno dolore, Per me si va tra la perduta gente. Giustizia mosse il mio alto fattore : Fecemi la divina potestate, La somma sapienza e il primo amore. Dinanzi a me non fur cose create, Se non eterne, ed io eterno duro : Lasciate ogni speranza, voi eh' entrate ! Queste parole di colore oscuro Vid' io scritte al sommo d' una porta : Perch' io : Maestro, il senso lor m
Page 543 - Com' occhio per lo mare, entro s' interna : Chè, benchè dalla proda veggia il fondo, In pelago nol vede : e nondimeno Egli è, ma cela lui l' esser profondo. Lume non è, se non vien dal sereno, Che non si turba mai, anzi è tenèbra, Od ombra della carne, o suo veneno. Assai t' è mo aperta la latébra, Che t' ascondeva la giustizia viva, Di che facei quistion cotanto crebra, Chè tu dicevi : Un uom nasce alla riva Dell...
Page 35 - Con lieto volto, ond' io mi confortai, Mi mise dentro alle segrete cose. Quivi sospiri, pianti ed alti guai Risonavan per l'aer senza stelle, Perch' io al cominciar ne lagrimai. Diverse lingue, orribili favelle, Parole di dolore, accenti d'ira, Voci alte e fioche, e suon di man con elle, Facevano un tumulto, il qual s' aggira Sempre in quell' aria senza tempo tinta, Come la rena quando a turbo spira.
Page 490 - D' una radice nacqui ed io ed ella ; Cunizza fui chiamata, e qui refulgo, Perchè mi vinse il lume d' esta stella. Ma lietamente a me medesma indulgo La cagion di mia sorte, e non mi noia, Che parria forse forte al vostro vulgo. Di questa luculenta e cara gioia Del nostro cielo, che più m' è propinqua, Grande fama rimase, e, pria che moia, Questo centesim' anno ancor s
Page 367 - E perché meno ammiri la parola, Guarda il calor del sol che si fa vino, Giunto all'umor che dalla vite cola.
Page 591 - Non fu la sposa di Cristo allevata Del sangue mio, di Lin, di quel di Cleto, Per essere ad acquisto d'oro usata; Ma per acquisto d' esto viver lieto E Sisto e Pio e Calisto ed Urbano Sparser lo sangue, dopo -molto fleto.
Page 128 - Non frondi verdi ma di color fosco, Non rami schietti, ma nodosi e involti, Non pomi v'eran, ma stecchi con tosco. Non han sì aspri sterpi nè sì folti Quelle fiere selvagge, che in odio hanno Tra Cecina e Corneto i luoghi colti.
Page 143 - Bolle l' inverno la tenace pece A rimpalmar li legni lor non sani, Che navicar non ponno, e in quella vece Chi fa suo legno nuovo, e chi ristoppa Le coste a quel che più viaggi fece ; Chi ribatte da proda, e chi da poppa; Altri fa remi, ed altri volge sarte ; Chi terzeruolo ed artimon rintoppa : 15 Tal, non per fuoco, ma per divina arte, Bollia laggiuso una pegola spessa, Che inviscava la ripa da ogni parte. Io vedea lei, ma non vedeva in essa Ma' che le bolle che il bollor levava, 20 E gonf1ar...
Page 412 - L'alto fato di Dio sarebbe rotto, Se Lete si passasse, e tal vivanda Fosse gustata senza alcuno scotto Di pentimento, che lagrime spanda.
Page 108 - Quando s' appressano, o son , tutto è vano Nostro intelletto; e, s'altri nol ci apporta, Nulla sapem di vostro stato umano. Perù comprender puoi che tutta morta Fia nostra conoscenza da quel punto Che del futuro fia chiusa la porta. Allor, come di mia colpa compunto, Dissi: Or direte dunque a quel caduto Che il suo nato è co

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