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Che molto poco tempo a volger era.

Si, come io dissi, fui mandato ad esso

Per lui campare, e non v'era altra via,
Che questa, per la quale io mi son messo.
Mostrata ho lui tutta la gente ria,

E ora intendo mostrar quegli spirti,
Che purgan se sotto la tua balia:
Come io l'ho tratto saria lungo a dirti.
'Dell'alto scende virtù, che m'aiuta
Conducerlo a vederti, e a udirti.
Or ti piaccia gradir la sua venuta:
Libertà va cercando, ch'è sì cara,
Come sa chi per lei vita rifiuta.
Tu il sai; che non ti fu per lei amara
In Utica la morte, ove lasciasti
La veste, che al gran di sarà sì chiara.
Non son gli editti eterni per noi guasti:

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Chè questi vive, e Minos me non lega;

Ma son del cerchio, ove son gli occhi casti

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Di Marzia tua che in vista ancor ti prega,
O santo petto, che per tua la tegni:
Per lo suo amore adunque a noi ti piega:
Lasciane andar per li tuoi sette regni:

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Grazie riporterò di te a lei, ·

Se d'esser mentovato laggiù degni. Marzia piacque tanto agli occhi miei, Mentre ch'io fui di là, disse egli allora,

62. Altri non c'era. Ros. Antald. non gli era.

68. Cr. n'aiuta. 82. Pog. Lasciane gir.

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66. Bar. bailia.

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Che quante grazie volle da me, fei. Or che di là dal mal fiume dimora,

Più mover non mi può per quella legge,

Che fatta fu, quand' io me n'uscii fuora. Ma se donna del Ciel ti move e regge,

Come tu di', non v'è mestier lusinga:
Bastiti ben, che per lei mi richiegge.
Va dunque, e fa che tu costui ricinga

D'un giunco schietto, e che gli lavi il viso,
Sì ch' ogni sucidume quindi stinga;
Chè non si converria, l'occhio sorpriso
D'alcuna nebbia andar davanti al primo
Ministro, ch'è di quei di Paradiso.

Questa isoletta intorno a imo a imo

Laggiù colà, dove la batte l'onda,
Porta de' giunchi sovra il molle limo.
Null'altra pianta, che facesse fronda,
O indurasse, vi puote aver vita,
Però che alle percosse non seconda.
Poscia non sia di qua vostra reddita:
Lo Sol vi mostrerà, che surge
Prendete il monte a più lieve salita.
Così spari: e io su mi levai

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omai:

Senza parlare, e tutto mi ritrassi

Al duca mio, e gli occhi a lui drizzai. Ei cominciò: Figliuol, segui i miei passi:

-

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93. Cr. Basti si ben. Bar. Basti si che per lei tu mi richiegge.

- 98. Ros. Nid. dinanzi. 101. Vat. dov'ella batte l'onda. — 102.

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Bar, de' vinchj. 104. Nid. O che 'ndurasse. 107. Ros. ormai.

- 108. Ald. Pigliate. Nid. Prender. 112. Vat. Ros. Ei cominciò : Seguisci li miei passi.

Volgianci indietro, che di qua dichina
Questa pianura a' suoi termini bassi.
L'alba vinceva l'ora mattutina,

Che fuggia innanzi, sì che di lontano
Conobbi il tremolar della marina.
Noi andavam per lo solingo piano,

Com'uom che torna alla smarrita strada,
Che infino ad essa gli pare ire in vano.
Quando noi fummo dove la rugiada
Pugna col Sole, e per essere in parte,
Ove adorezza, poco si dirada,
Ambo le mani in su l'erbetta sparte

Soavemente il mio Maestro pose;

Ond'io, che fui accorto di sua arte, Porse ver lui le guance lagrimose: Quivi mi fece tutto discoverto

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Quel color che l' Inferno mi nascose. Venimmo poi in sul lito deserto,

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Che mai non vide navicar sue acque
Uom che di ritornar sia poscia esperto.

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Quivi mi cinse, sì come altrui piacque:

O maraviglia! che qual egli scelse L'umile pianta, cotal si rinacque Subitamente là onde la svelse.

113. Ros. Volgete.

Cr. Res. Nid. perduta. perto.

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132. Ros. Nid. Bar. Uomo che di tornar sia poscia sperto.

CANTO H.

Già era il Sole all'orizzonte giunto,
Lo cui meridian cerchio coverchia
Gerusalem col suo più alto punto:

E la notte, che opposita a lui cerchia,

Uscia di Gange fuor con le bilance,

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Che le caggion di man, quando soverchia;

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Sì che le bianche e le vermiglie guance,
Là dov'io era, della bella Aurora
Per troppa etade divenivan rance.
Noi eravam lungh'esso il mare ancora,
Come gente, che pensa suo cammino,
Che va col core, e col corpo dimora;

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VARIANTI

2. Bar. coperchia. 5. Ald. di Gange già

11. Nid. Bar.

Ros. a suo cammino. Pog. il suo cammino. Ald. Vat. aspetta suo cammino.

Ed ecco, qual suol presso del mattino,
Per li grossi vapor Marte rosseggia
Giù nel Ponente sovra il suol marino;
Cotal m'apparve, s'io ancor lo veggia,

Un lume per lo mar venir sì ratto,
Che il mover suo nessun volar pareggia,
Dal qual, com'io un poco ebbi ritratto
L'occhio per dimandar lo duca mio,
Rividil più lucente e maggior fatto.
Poi d'ogni parte ad esso m'appario

Un non sapea che bianco, e di sotto
A poco a poco un altro a lui n'uscio.
Lo mio Maestro ancor non fece motto,
Mentre che i primi bianchi aperser l'ali:
Allor che ben conobbe il galeotto,

Gridò: Fa, fa, che le ginocchia cali.
Ecco l'Angel di Dio: piega le mani:
Omai vedrai di sì fatti uficiali.
Vedi che sdegna gli argomenti umani,
Si che remo non vuol, nè altro velo
Che l'ale sue tra liti sì lontani.
Vedi come le ha dritte verso il Cielo,

Trattando l'aer con le eterne penne,
Che non si mutan come mortal pelo.
Poi, come più e più verso noi venne,

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19. Ald. Ros. Del qual.

22.

13. Ros. Cr. sorpreso dal mattino. Ald. Nid. Bar. sul presso del mattino. - 16. Cr. mi parve. Ros. Nid. Bar. Poi d'ogni lato. — 23. Cr. biancheggiar di sotto. 25. Ros. non facea. 26. Ros. Bar. apparver ali. 30. Ros

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33. Ros, Nid. ali. 37. Bar. E come più e più.

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