Page images
PDF
EPUB

Elesse all' orto suo per aiutarlo.

Ben parve messo e famigliar di CRISTO,

Ché il primo amor che in lui fu manifesto,
Fu al primo consiglio che diè Cristo.
Spesse fiate fu tacito e desto

Trovato in terra dalla sua nutrice,

Come dicesse: Io son venuto a questo.

O padre suo veramente Felice!

O madre sua veramente Giovanna,
Se interpretata val come si dice!
Non per lo mondo, per cui mo s' affanna
Diretro ad Ostiense ed a Taddeo,
Ma per amor della verace manna,
In picciol tempo gran dottor si feo,
Tal che si mise a circuir la vigna,
Che tosto imbianca, se'l vignaio è reo;
Ed alla sedia, che fu già benigna

Più a' poveri giusti, non per lei,
Ma per colui che siede e che traligna,
Non dispensare o due o tre per sei,
72. Elesse all'orto suo ec.: scelse,
chiamò all'orto suo, nella sua vigna, che
è la Chiesa, per aiutarlo a coltivarla.

il

73-75. Ben parve messo, ben si mostrò messaggiero, apostolo di Cristo, chè perciocchè, il primo amor primo affetto, che in lui si manifesto, fu verso il primo consiglio dato da Cristo. Questo primo consiglio è l'abbandono delle ricchezze e degli altri beni temporali e Domenico mostrò molto per tempo di aver caro questo consiglio; perchè si racconta che essendo nei suoi primi anni a studio, vendè in una gran carestia ciò che si trovava avere, e ne distribuì il prezzo ai poveri.

78. Io son venuto a questo: io sono venuto per dare esempio d'umiltà e di povertà.

79. veramente Felice! Il padre di S. Domenico si chiamo Felice, e la madre di lui Giovanna, il qual nome in ebraico significa graziosa, apportatrice di grazie.

82. Non per lo mondo, non per acquistare i beni mondani, pei quali ora s'affanna, neutr. pass., si suda, si corre con affanno.

85. Ostiense. Ostiense cardinale,

75

80

$5

commentatore delle Decretali. Il Lani dice: Il cardinale Enrico di Susa era vescovo ostiense, e scrisse egregiamente in diritto canonico. » - Taddeo, la medico fiorentino e di gran reputazione nelle scienze fisiche, e coll'arte sua acquistò grandi ricchezze: mori in Bologna nel 1295: e fu seppellito in un bel sarcofago di marmo nell'atrio de' frati minori. Altri intendono qui accennato un Taddeo Pepoli Bolognese giureconsulte, contemporaneo di Dante e famoso canonista. Ma comunque sia, si vuol dire, che S. Domenico non studiò, come ia più parte, per far fortuna, ma per conoscere il vero e giovare altrui.

84. della verace manna, della verità salutare dell' Evangelio.

86. la vigna, la Chiesa.

87. imbianca, cioè, perde il verde, si secca, se il vignaiuolo è un uomo res, un traditore.

88. Ed alla sedia, ec. Intendi: ed alla sede poutificia, che già fu benigna a' poveri giusti, più di quello che ora è, non per colpa di lei, ma di colui che su vi siede e traligna, Non....... addimandė dispensare ec. (al verso 94).

91-93. dispensare o due o tre per

Non la fortuna di primo vacante,
Non decimas, quæ sunt pauperum Dei,
Addimando; ma contra il mondo errante

Licenzia di combatter per lo seme,
Del qual ti fascian ventiquattro piante.
Poi con dottrina e con volere insieme
Con l'uficio apostolico si mosse,
Quasi torrente ch'alta vena preme;
E negli sterpi eretici percosse

L'impeto suo, più vivamente quivi,
Dove le resistenze eran più grosse.
Di lui si fecer poi diversi rivi,

Onde l'orto cattolico si riga,

Si che i suoi arbuscelli stan più vivi.

Se tal fu l' una rota della biga,

In che la Santa Chiesa si difese,
E vinse in campo la sua civil briga,
Ben ti dovrebbe assai esser palese
L'eccellenza dell' altra, di cui Tomma
Dinanzi al mio venir fu si cortese.

sei ec. Non domandò S. Domenico di poter largire in uso pio solamente due o tre per compensare l'usurpazione di sei; non dimandò di essere collocato Della prima sedia, nel primo beneficio vacante; non dimandò le decime, che sono dei poverelli del Signore. Altri leggono di prima vacante, idest ecclesia: formula curiale.

95-96. Licenzia di combatter. Int. coll'arme della parola; chè la colla e il rogo sono armi da Cristo proibite, nè S.Domenico poteva chiederne nè ottenerne la licenza.-per lo seme, Del qual li fascian, per la fede, del quale son frutto le ventiquattro piante, i ventiquattro beati spiriti delle due corone, che ti circondano.

98. Con l'uficio apostolico, coll'autorità delegatagli dal sommo pontefice.

99. ch'alla vena preme, che è spremuto, che sgorga da copiosa vena, e in conseguenza scende impetuoso, dal proprio peso sospinto. Anche Virgilio: Rapidus montano flumine lorrens.

400. E negli sterpi eretici. I malvagi cristiani e gli eretici son detti da

95

100

105

110

Cristo alberi infruttuosi, tralci recisi dalla vite, buoni solo al fuoco.

101-102. quivi, in quel luogo, là Dove le resistenze ec. Nel distretto di Tolosa, ov' eran più forti e minacciosi gli Albigesi.

105. diversi rivi: diversi religiosi seguaci di S. Domenico, dianzi assomigliato ad un torrente.

105. i suoi arbuscelli, in corrispondenza alla metaf. dell' orto, sono i cattolici.

106. Se lal fu l'una rota della biga ec. Intendi: se tale fu uno dei campioni della Chiesa, assomigliata altra volta ad una biga, o a un carro su duc rote.

407. si difese, dagli assalti de' suoi nemici.

408. la sua civil briga, la sua guerra civile, perchè mossale da' suoi perversi figli.

440-444. dell'altra, dell'altra ruota; intendi di S. Francesco.-di cui Tomma, di cui S. Tommaso Dinanzi al mio venir, prima ch' io t'apparissi, fu si cortese, facendotela conoscere; ovvero, fu si buon lodatore.

Ma l'orbita, che fe la parte somma
Di sua circonferenza, è derelitta,

Si ch'è la muffa dov' era la gromma:
La sua famiglia che si mosse dritta

Co' piedi alle sue orme, è tanto volta,
Che quel dinanzi a quel diretro gitta;
E tosto s' avvedrà della ricolta

Della mala cultura, quando il loglio
Si lagnerà che l'arca gli sia tolta.
Ben dico, chi cercasse a foglio a foglio

Nostro volume, ancor troveria carta
U' leggerebbe: I' mi son quel ch' io soglio:
Ma non fia da Casal, nè d' Acquasparta;
Là onde vegnon tali alla scrittura,
Ch'uno la fugge e l'altro la coarta.
Io son la vita di Bonaventura

Da Bagnoregio, che ne' grandi ufici
Sempre posposi la sinistra cura.

112-115. Ma l'orbita ec. Ma la carreggiata, che fu segnata dalla circonferenza della parte somma di essa ruota (cioè da S. Francesco), è derelitta, è abbandonata dai francescani d'oggidì; che è quanto dire: oggidì i frati francescani non seguono più le vestigia del loro fondatore.

444. Si ch'è la mussa ec. Modo proverbiale che significa: il male è dove prima era il bene; ed è preso dalle botti, che custodite col buon vino fanno la gromma che le conserva, e trasandate fanno la muffa.

116-117. è tanto volta, Che quel dinanzi ec. Intendi: la qual francescana famiglia è tanto stravolta, clie pone il davanti del piede dove S. Francesco aveva il calcagno; che quanto dire: va a rovescio di S. Francesco.

118-120 della ricolla ec.: (della per dalla) dalla trista ricolta s'avvedrà della sua mala coltura.— quando il loglio ec. quando la zizzania si lagnerà che le sia negato l'arca o il granaio, per dover esser bruciata; cioè, quando il mal frate si lagnerà che gli sia tolto il Paradiso per esser sepolto nell' Inferno.

121-126. chi cercasse ec. Chi esaminasse nostro volume (tutto l'ordine

113

120

125

francescano, del qual volume i frati son le pagine) troverebbe qualche carta, qualche frate, in cui si vedrebbe scritto: I'mi son quel ch'io soglio; cioè, la purità dei primitivi costumi, e l'osservanza esatta; ma cotal buon religioso non sarà da Casale, nè d'Acquasparta, dai qu li luoghi tali vengono alla regola scritta da S. Francesco, che uno ne fugge il rigore, e l'altro lo accresce a dismisura. Matteo d'Acquasparta fu eletto duodecimo generale dell' Ordine francescane nel 1297, e nel seguente anno fu da Niccolò IV fatto cardinale. Costui per troppa condiscendenza portò assai rilas samento nella regola. — Frate Ubertine da Casale nel capitolo del suo ordine tenuto a Genova nel 1310 si fece capa degli zelanti o rigoristi, che si disseco spirituali, e diè luogo a una specie di

scisma.

127-128. la vita, l'anima. Bonaventura Da Bagnoregio, oggi Bagnarea nel territorio d'Orvieto, teelogo e filosofo insigne, fu cardinale e dottore di Santa Chiesa, e ministro generale dell'Ordine minor tico per anai diciotto.

129. posposi la sinistra cura. Intandi: alla cura destra, alla cura spirituale (destra in senso scritturale si

Illuminato ed Agostin son quici,

Che fur de' primi scalzi poverelli,
Che nel capestro a Dio si fero amici.
Ugo da Sanvittore è qui con elli,

E Pietro Mangiadore, e Pietro Ispano,
Lo qual giù luce in dodici libelli;
Natan profeta, e il metropolitano

Crisostomo, ed Anselmo, e quel Donato
Ch' alla prim' arte degnò poner mano.
Rabano è qui, e lucemi da lato

Il Calavrese abate Gioacchino,

Di spirito profetico dotato.
Ad inveggiar cotanto paladino

Mi mosse la infiammata cortesia
Di fra Tommaso, e il discreto latino,
E mosse meco questa compagnia.
gnifica primaria, migliore) posposi la
sinistra, la cura secondaria, quella
delle cose temporali.

150. Illuminato ed Agostin. Due dei primi seguaci di San Francesco. quici, qui.

132. Che nel capestro ec.: che cinti del cordone francescano divennero accetti a Dio

133. Ugo da Sanvittore. Fu illustre teologo, e canonico regolare di Sant'Agostino. Visse nel XII secolo.

434-435. Pietro Mangiadore. Pietro Comestore, autore d'una storia ecclesiastica. Pietro Ispano, filosofo rinomato per dodici libri di logica che

scrisse.

156. Natan. Il profeta che magnanimamente rimproverò il re David del suo fallo.

137-138. Crisostomo. S. Giovanni Crisostomo arcivescovo di Costantinopoli, nato in Antiochia circa il 5 17, e famoso per la sua aurea eloquenza, ond' ebbe il cognome di Crisostomo, o bocca d'oro.

Anselmo, fu arcivescovo di Conturbia o Cantorberi in Inghilterra, e mori nel 1109. - Donalo, antico scrittore di grammatica, che qui è detta prim' ar

[blocks in formation]

te, forse perchè è la prima ad essere insegnata ai fanciulli, o meglio, perchè è l'arte educatrice della ragione.

139. Rabano, Rabano Mauro, rinomato scrittore del secolo nono. Fece tra le altre cose molti comenti alla Sacra Scrittura.

440. Gioacchino. Calabrese, abate dell'Ordine cisterciense, fu di molto sapere ed ebbe fama di profeta. Visse nel XII secolo.

[ocr errors][merged small][merged small][merged small]

CANTO DECIMOTERZO.

Si deserive la danza delle due ghirlande di beati spiriti, assomigliati a ventiquattro delle più fulgide stelle. Poi si narra come S. Tommaso sciolse l'altro dubbio al Poeta, dimostrandogli in che senso egli avesse detto di Salomone, Che a veder tanto non surse il secondo, e come non avesse con ciò derogato nè al primo padre Adamo, nè a Gesù Cristo, che necessariamente dovease essere perfettissimi, perchè opera immediata di Dio, e conseguentemente più sapienti di Salomone. Coschiude il Santo avvertendo del pericolo degli affrettati giudizj, e quanto sia soggetto ad ingasnarsi chi stima le cose dalle apparenze.

Immagini chi bene intender cupe

Quel ch' io or vidi (e ritegna l'image,
Mentre ch' io dico, come ferma rupe)
Quindici stelle, che in diverse plage
Lo cielo avvivan di tanto sereno,
Che soverchia dell' aere ogni compage:
Immagini quel carro a cui il seno

Basta del nostro cielo e notte e giorno,
Si ch' al volger del temo non vien meno:

Immagini la bocca di quel corno,

Che si comincia in punta dello stelo

A cui la prima rota va dintorno,
Aver fatto di sè duo segni in cielo,

Qual fece la figliuola di Minoi

Allora che senti di

--

cupe

1-3. Immagini ec. Costr.: chi cupe inlender bene quel ch'io or vidi, immagini (e mentre ch' io dico, ritenga l'image ferma come ferma rupe), immagini quindici stelle ec. dall'antiq. cupere, desiderare. —or, a questo punto, seguentemente a ciò che ho descritto. — e ritegna l'image ec. Int. impressa nella mente essa immagine.come ferma rupe, in modo che da essa mente non si rimuova ec.

4. Quindici stelle. Quindici stelle delle più belle, o come dicesi, di prima grandezza; che in diverse plage ec., che lucenti in diverse regioni del cie

lo ec.

5-6. di tanto sereno, di tanta luee, di tanta chiarezza, Che soverchia dell' aere ec., che vince ogni compage, ogni densità dell' aria.

7-9. Immagini ec. Immagini, dopo queste quindici stelle, quel carro, il carro di Boote, le sette stelle dell' Orsa maggiore, al qual carro basta giorno e not

morte il gelo;

40

- 15

te,.per fare il suo giro, lo spazio del
nostro cielo, tantochè al voltar del time-
ne non vien meno ai nostri occhi, non
si asconde. Questa costellazione ci è sem-
pre visibile.

10-12. Immagini la bocca ec.
Immagini poi le due stelle dell' Orsa
minore, le più vicine al polo, le quali
poste una di qua ed una di là da esso
polo, formano quasi un'apertura, uBS
bocca di quel corno, di quello spazio in
figura di corno, che ha il suo centro in
punta dell'asse mondiale, in cui si gira
la prima ruota, cioè il primo cielo re-
tante, detto il primo mobile.

15-15. Aver fatto di sè duo segni in cielo, ec. Immagini, dico, che queste ventiquattro bellissime stelle formino in cielo due costellazioni, ciascuna di 12 stelle disposte a cerchio, come quella corona in cui Arianna figliuola di Minosse morendo fu cagione che fosse convertita da Bacco la ghirlanda di fiori che ornavale il capo.

[ocr errors]
« PreviousContinue »