Opere di G.-B. Niccolini, Volume 1F. Le Monnier, 1844 |
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Acasto Achille Adrasto affetti Agamenn Agamennone Alamante Alfin allor altari Amili amplessi antico Antigone Antigone Edipo Argea Argivi armi Arrigo Arsace Asfene Assiro Atride brando Calcante Cassandra ch'io chè Clilenn Clitennestra colla colpa Coro credi Creonte Creusa crudele deggio delitto dolor dramma Ecuba Edipo Edippo empio Erinni Eschilo estinti Eteocle Euripide fato ferro figlio fuggi furor Giasone Giove Greci grido Guelfo guerra guerrieri Ifigenia Imelda infelice Ino Learco Ino invano Ismene istesso l'ira lacrime Learco Ino Learco lieto madre Matilde Medea Medea Rodope Misera Mitrane mortali morte Nabucco nemici NICCOLINI Normano Numi odio ognor Oh ciel Oh Dio Ormondo orrore padre paterno patria perigli petto piangi pianto pietà Pirro Polinice Polissena prole rammenti regno rimorsi Rodope Rodope Medea Sacerdote sacro sangue SCENA schiere sdegno Semic Sofocle sventure Tebe Temisto terrore Teseo tiranno tragedia tremendo trono Ulisse veggo vendetta vinto volgo
Popular passages
Page xlix - Come la fronda, che flette la cima Nel transito del vento, e poi si leva, Per la propria virtù, che la sublima: Fec' io in tanto , in quanto ella diceva , Stupendo , e poi mi rifece sicuro Un disio di parlare, ond...
Page 39 - M' empiea di sè, ch' io più mortal non era. Volo in mezzo alle schiere, affronto Pirro, E grido : Queste alla paterna tomba Son le vittime care? Ah ! sorgi, Achille, Sorgi , e rimira dell' insano Pirro Le sacrileghe imprese, ed arrossisci D
Page 123 - Armi straniere Contro a colui , che il trono usurpa , io guido. Sacerdote Infami pugne! — Ah questa terra, o Numi, Abbia colpe, terror, mille tiranni, Ma stranieri non mai! Polinice Sol d' essi il ferro Render mi può la patria.
Page 416 - Com' io dal trono. A me perigli e sangue Davan lo scettro; a le l'età canuta, Finte o vane virtudi, ed arti imbelli, II gran manto vestiro ; a te soggetti Servono molti, e non difendi alcuno. Ognun tra voi con impunito orgoglio Disfida i re: solo nel tempio, illustre Per misteri e delitti, è il vostro impero; Ma dove stuol di sacerdoti alberga, E le paure insegna, e detta i voti, Conta schiavi Mitrane , ed io ribelli.
Page 309 - ... esperimento della scena: lo chiamai dramma tragico, avendolo scritto in versi rimati, persuaso allora di questa opinione del Metastasio: " Che fra il vigore dello stesso pensiero espresso in verso sciolto o rimato corra la differenza medesima che si vede fra la violenza d'uno stesso sasso tratto con la semplice mano o scagliato con la fromba, ma da chi sappia adoprarla...
Page xci - ... intorno al nome siccome di poco valore, e si noti che il vero cardine della tragedia è l'invenzione, e dallo scheletro dipende tutto in un'opera drammatica, come nel corpo umano. Il poeta moderno occupandosi con gran fatica di ciò ch' è secondario e accidentalmente succede, procurando più ch'ei può di avvicinarsi al reale, ponendosi addosso un carico di tante inutilità, rischia di allontanarsi dal vero, che qualora si consideri in tutta la sua profondità costituisce l'essenza della poesia.
Page lxxxiv - Al quale non dobbiamo saper grado d'avere creato una favola che non sia poetica, mentre egli potea, secondo che praticavano i Greci, attingere a fonti nella storia e nelle tradizioni già conosciuti... Or con intendimento di deprimere e Greci e Romani si lodano a cielo le arti moderne, e si grida che particolarmente nel medio evo è riposta di fatti, di situazioni, di caratteri una portentosa ricchezza...
Page 125 - I. EDIPO, ANTIGONE. Edipo O guida al cieco genitore, o luce Alle tenebre mie, di padre il nome Dolce ad Edippo fai: per te sostiene Ei la sua notte, che lo cinge. Oh ! dove Stanche dagli anni e dal cammin le membra Adagerò? Dove giungemmo ? Aniiijunc Io veggo Qui cipressi ferali, orride rupi, Che il folgor percotea. Edipo Sede conforme AI fato mio, sol dei cipressi all' ombra Posar In dei, misero capol Oh gioia ! II mio sepolcro alfin trovai.
Page 223 - Fautori della licenza o della tirannide, purchè l'una o l'altra vi paghi, or fate odioso il vero esagerandolo, or divenite fautori di quella luce debole e maligna, che se fa traviar la ragione, è pur tanto cara all'infinito numero degli imbecilli che il sole offende, e cosi utile ai tanti furfanti che bramano di non essere veduti.