Venticinque appunti ad alcuni recenti comentatori della Divina commedia di Dante

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A. Tenconi, 1878 - 200 pages
 

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Popular passages

Page 121 - Per l' universo penetra e risplende In una parte più, e meno altrove. Nel ciel che più della sua luce prende Fu...
Page 161 - Sì che la sua parvenza si difende; Così questo fulgor che già ne cerchia , Fia vinto in apparenza dalla carne Che tutto dì la terra ricoperchia: Nè potrà tanta luce affaticarne, Che gli organi del corpo saran forti A tutto ciò che potrà dilettarne.
Page 191 - Oh, quanto è corto il dire e come fioco Al mio concetto! E questo, a quel ch'io vidi, È tanto, che non basta a dicer "poco.
Page 86 - Titone antico già s'imbiancava al balco d'oriente, fuor delle braccia del suo dolce amico; di gemme la sua fronte era lucente, poste in figura del freddo animale che con la coda percuote la gente; e la notte de...
Page 145 - Vid' io in essa luce altre lucerne Muoversi in giro più e men correnti, Al modo,, credo , di lor viste eterne.
Page 179 - Ancora lo cielo empireo, per la sua pace, simiglia la divina scienza, che piena è di tutta pace; la quale non soffera lite alcuna d'opinioni o di sofistici argomenti, per la eccellentissima certezza del suo suggetto, lo quale è Iddio. E di questa dice esso alli suoi discepoli : « La pace mia do a voi : la pace mia lascio a voi »; dando e lasciando loro la sua dottrina, che è questa scienza di cui io parlo.
Page 30 - La mente tua conservi quel che udito hai centra te», mi comandò quel saggio. « E ora attendi qui », e drizzò '1 dito: « quando sarai dinanzi al dolce raggio di quella il cui bell'occhio tutto vede, da lei saprai di tua vita il viaggio...
Page 191 - Ornai sarà più corta mia favella, pur a quel ch'io ricordo, che d'un fante che bagni ancor la lingua a la mammella.
Page 177 - Così Beatrice : e quelle anime liete Si t'èro spere sopra tìissi poli, riammando forte a guisa di comete. E come cerchi in tempra d' oriuoli Si giran sì, che il primo, a chi pon mente. Quieto pare, e l'ultimo che voli; Così quelle carole, differentemente danzando, della sua ricchezza Mi si facean stimar veloci e lente.
Page 117 - Non scese mai con sì veloce moto Foco di spessa nube, quando piove Da quel confine che più va remoto, Com' io vidi calar l' uccel di Giove Per l' arbor giù, rompendo della scorza, Non che dei fiori e delle foglie nuove ; E ferì il carro di tutta sua forza, Ond' ei piegò, come nave in fortuna, Vinta dall' onda, or da poggia or da orza.

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